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Fast Animals And Slow Kids – È già domani

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Di come il rock resiste all’omologazione di Spotify

Questo disco dei Fask è un notevole passo in avanti per la band di Perugia. È curato nei minimi dettagli, negli arrangiamenti, nel suono, nella scelta dei testi e persino nelle citazioni. Non so voi ma io ci sento echi di U2, Kings of Leon, The Killers filtrati dal carattere della band e dal personalissimo stile di Aimone Romizi. I brani, come ultimamente succede in altri dischi, non sono messi li a caso in attesa di essere reclutati in qualche playlist di successo dell’enorme piattaforma madre della musica. La tracklist ha un senso, un capo e una coda ed è sorretta da una narrazione che attraverso i titoli aggiunge “ora” alla title-track. Come nei grandi dischi rock, come si faceva una volta (qualcuno direbbe). Il fatto è che questo da perfettamente senso alla musica dei Fask e gli restituisce la dignità che meritano i grandi musicisti: usare le emozioni per individuare una narrazione da portare al pubblico. I testi non sbagliano un colpo: chiari, coincisi, cazzuti (mi diceva una volta un grande maestro della comunicazione). Vanno oltre perché costruiscono una impalcatura di significato. Che vuol dire? Che non si limitano a fare uno screenshot di quello che succede ma cercano di darne un senso sia esplicito che implicito. In poche parole i Fask scrivono per avvicinarsi alla poesia non per replicare lo stile dei fotoromanzi. Il tutto su una grande attenzione musicale alle dinamiche, agli arpeggi, al ritmo. Le chitarre cercano i Cure, la batteria cerca i primi U2 e la voce cita addirittura i vocalizzi di Freddie Mercury in Under Pressure. Non lo avete ancora ascoltato? Beh, fatelo perché io ho davvero respirato. Non ce la facevo più dei vari cowboy lanciati nello spazio più prossimo al compiacere che all’esprimersi.

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