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I Måneskin non si fermano più, ed è giusto così

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Le notizie sono due: la prima è che una rock band italiana è stata ospite di Jimmy Fallon sulla televisione americana; due che i Måneskin apriranno il concerto dei Rolling Stones a Las Vegas il prossimo 6 novembre.

L’orgia di successo che ha travolto il quartetto da Sanremo in poi è senza precedenti. Da quando esiste l’era Spotify, manager e discografici italiani ci hanno provato in ogni modo a esportare la “nostra” musica nel mondo con “incredibili” release trap. Tuttavia, fino ad oggi, c’erano riusciti solamente a colpi di record di streaming e di tabelloni pubblicitari posizionati in vari Paesi del globo.

Che per carità, sono traguardi sia chiaro, ma non sono in nessun modo paragonabili a quanto stanno vivendo i Måneskin. Una rock band mainstream necessariamente perfetta sotto ogni punta di vista, specialmente quello dell’immagine e della programmazione che regola ogni loro movimento e iniziativa.

Non c’è niente di male in tutto questo, pensate forse che Ed Sheeran, Billie Eilish o Travis Scott agiscano senza rispettare un piano industriale ben definito?

La grossa novità comunque è legata al fatto che, a prescindere che la proposta dei Måneskin vi garbi o meno, il rock sia tornato sotto molti riflettori, in barba alle previsioni sballate di chi segue soltanto i numeri (necessari ovviamente ma spesso affatto rivelatori in termini di qualità) e la non-musica che spopola oggi su Spoty e similari.

I Måneskin suonano, hanno i pezzi da 3 minuti perfetti per le playlist, hanno beccato la cover giusta per essere ascoltati ovunque e quando sono sul palco sanno mettere in piedi un concerto come si deve. Li vidi la prima volta nel settembre 2018, aprivano per gli Imagine Dragons in una piovosissima (e pienissima) serata di fine estate. E già allora sapevano perfettamente cosa fare e come farlo, trasudavano entusiasmo, avevano carisma e a volte steccavano per troppa voglia di spaccare. Da allora tecnicamente sono estremamente migliorati, il loro album Teatro D’Ira Vol.1 è tutt’altro che un lavoro soft e scontato, hanno suonato in molti festival europei e il mondo, in questo momento, è ai loro piedi.

In passato abbiamo assistito a exploit simili da parte di act internazionali (vi ricordate il modo in cui i Darkness conquistarono il pianeta tra il 2003 e il 2006 vero?) e nel 2017 i Greta Van Fleet sono stati identificati come “nuovi” salvatori del rock, raccogliendo successi di pubblico in sede live, in molte parti del mondo, assai simili a quelli che hanno trovato (e soprattutto che troveranno) i Måneskin.

Le domande ovviamente sono molte: per quanto tempo sapranno rimanere in sella alla giostra? Quanto sarà complicato trovare nuovi pezzi che possano reggere il confronto (anche in termini commerciali) con quelli attuali? Per ora conviene evitare di stracciarsi le vesti come molti fanno dal post Sanremo. Il successo dei quattro è legittimo e inattaccabile.
Non tutti hanno le stesse possibilità, trovarsi nel posto giusto al momento giusto è quasi sempre questione di fortuna. Ma sono veramente stati pochissimi quelli che hanno poi saputo tradurre in successo vero quell’1% di possibilità che ha chi vuole fare il musicista oggigiorno.

Piuttosto concentriamoci nel ricoprire di guano (per l’ennesima volta, lo avevo già fatto in altre occasioni) chi continua a profetizzare la morte del rock, il genere più bello del mondo. Fino a quando esisteranno i 4/4 e una band si presenterà con batteria, basso e chitarra sul palco, voi incompetenti continuerete a perdere. E se i Måneskin non sono abbastanza rock per i duri e puri poco male, si possono sempre rimettere su i Motorhead.

https://www.youtube.com/watch?v=RnPnRRzly-k

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