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Interviste

Phill Reynolds, reduce da X-Factor lancia un appello alle coscienze con il suo World on fire

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Phill Reynolds ultimamente si è fatto conoscere come concorrente di X-Factor, ma in realtà suona e calca i palchi da ormai 10 anni. “World on fire”, uscito per Hodooh con distribuzione di The Orchard è il suo nuovo singolo, ed è un “grido d’aiuto da sotto le macerie”. “Wold on fire” è un pezzo in cui la quasi assenza della chitarra pesa come un film senza colonna sonora: è oscuro, cupo e freddo, anche se il mood rnb cerca di addolcire la situazione.
 Phill Reynolds, all’anagrafe Silva Cantele, è un cantautore nato sui colli vicentini e ha più di 500 concerti alle spalle dal 2011. I suoi live, e ha suonato anche negli Stati Uniti, sono corredati da cembalo e grancassa in pieno stile one man band.

Dunque: io non ho Sky e non guardo X-Factor. Ergo, partendo da qui, ti va di raccontarmi chi sei come se X-Factor non esistesse, e nessuno avesse mai sentito parlare di te? Anche perché credo che tu facessi già musica da molto prima di arrivare su Sky, visto che suoni in giro dal 2011.
Io sono Silva, una persona di 38 anni dall’Alto Vicentino. Faccio il musicista, principalmente in qualità di Phill Reynolds, mio nome d’arte per quanto riguarda ciò che compongo ed eseguo  come one man band – strettamente legato al folk, all’americana, al blues ed al songwriting. Con questo progetto giro l’Italia, l’Europa e gli States come ben ricordi tu da 10 anni. Inoltre milito negli Hearts Apart, nei Miss Chain and the Broken Heels e nel Nuovo Canzoniere Partigiano. Amo le amicizie, le colline, le letture, il vino, giocare a scarabeo, fare sorprese e la pallacanestro.

Hai collaborato con Iosonouncane. Come è successo, e come è andata?Ebbi il grande piacere di aprire a tre suoi concerti durante il tour di Die, e via via entrammo in sintonia. Gli proposi di ascoltare un brano a riguardo del quale ero un po’ scettico, chiedendogli un parere e, perché no, un aiuto. Qualche settimana dopo mi inviò un discreto numero di ottime tracce, tra le quali i cori, dei synth e dei field recordings che hanno davvero arricchito il brano non di poco. Che musicista formidabile.

Lanci un “SOS da sotto le macerie” con World on fire. Chi vuoi che risponda, di chi hai bisogno?
L’appello è diretto ad un’entità astratta, che il personaggio che interpreto nel brano – un fuggiasco in uno stato di grande confusione mentale – vede  di volta in volta come una terra promessa, o l’auto rubata nella quale si trova, o lo stesso parcheggio. E’ soprattutto una richiesta di sospensione della e dalla realtà, la supplica di una tregua, di un non luogo dove attendere tempi migliori.

Riprendo la prima domanda: suoni in giro dal 2011, hai centinaia di date sotto la cintura. Cosa significa suonare in giro come hai sempre fatto, e che differenza c’è col palco di X-Factor?
Suonare in giro per me significa coniugare diverse passioni al mio lavoro, che è pure in parte la mia terapia. Adoro conoscere luoghi, persone, sapori ed usanze nuovi, come del resto mi piace guidare. Fare tutto questo avendo come finalità un mio concerto è davvero una gran cosa.
Non so nemmeno se X Factor possa essere chiamato un palco. Lo vedo piuttosto solo come una trasmissione, che ha la musica come fulcro ma non come radice. Certo è che suonare dei propri brani davanti ad Agnelli (persona educata, preparata, molto professionale quanto alla mano) e soprattutto a decine di telecamere sapendo che sarai osservato da milioni di persone emoziona. Ma io quando suono chiudo gli occhi ed apro i miei mondi; che io sia a Cinecittà, davanti a 200 persone in un teatro o sul mio divano poco cambia.

Hai suonato con Sigur Ros, Timber Timbre, Micah P. Hinson, Blonde Redhead. Cioè, porca miseria. Eri in apertura? Hai collaborato con loro? Come ti sei sentito?
Purtroppo non ho collaborato con questi artisti, ma ho aperto dei loro concerti. E’ stato molto soddisfacente; suonare davanti ad un pubblico presente per ascoltare con attenzione artisti di quel calibro e di quella qualità spinge ancor più a dare il meglio, ad offrire il massimo possibile in termini di performance artistica. Confesserò che per come l’ho conosciuto Hinson mi ha fatto uno strano effetto, non esattamente piacevole. Ma forse era soltanto un sua cattiva serata.

Nel comunicato si legge che sei “reduce” dall’esperienza di X-Factor, e lo trovo corretto: anche se chi partecipa crea legami e si aiuta a vicenda alla fine è una guerra. Al di la delle logiche di mercato, quando è successo che l’arte si è trasformata in competizione, e ti sembra giusto? È un ambiente sano in cui lavorare?
Credo che una guerra sia ben altro rispetto ad X Factor. Io ho colto il programma come un’immensa vetrina sulla quale affacciarmi, senza alcuna competitività. Non credo proprio che l’arte si sia trasformata in competizione, partendo poi dal presupposto che non credo che sia arte ciò che io stesso ed ogni altro concorrente abbiamo fatto davanti alle telecamere: non è un live, non è una performance, non è una sessione di registrazione. E’ una comparsa televisiva, un mondo tutto a sé, un momento assoluto, per quanto mi riguarda del tutto disconnesso da ogni altra cosa. Badiamo bene poi ad una realtà fondamentale: ogni, ribadisco, ogni mestiere è prostituzione. Pace.
Sarà che l’ho preso con grande leggerezza e spontaneità, sarà che ciò che mi interessa davvero e profondamente è tutt’altro, sarà che le mie canzoni e le mie aspettative sono state rispettate, sarà che mi sono pure divertito ma ecco, l’ambiente mi ha stupito positivamente. Fermo restando, certo, che la competizione è di per se nociva e che il format, che non ho mai seguito, ha diverse lacune.

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