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Interviste

Lacinskij, la mente dietro “The Re-Cover Sessions Vol.1”

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LacinskIj è quello che, nel gergo cinematografico, quello che viene definito un “mastermind”: è lui la mente dietro “The Re-cover sessions Vol.1”, infatti. Il disco raccoglie tracce italiane e internazionali ormai diventate classici ma suonate, cantate e reinterpretate da cantautori italiani.

Ogni canzone porta l’impronta dell’artista che la esegue, e ogni artista ha scelto il pezzo che più si confaceva al suo modo di esprimersi. Lacinskij, all’anagrafe Giuseppe Schillaci, è la mente che ha fatto succedere tutto questo.

LACINSKIJ – THE RE-COVER SESSION VOL. I tracklist

01. L’Immensità [Don Backy] – Dino Fumaretto
02. E Voi Ballate [Celentano] – Mapuche
03. Wearing Your Smell [Motorpsycho] – Erri
04. Però Quasi [Freak Antoni] – Alì
05. Smalltown Boy [Bronski Beat] – Veivecura
06. Un Fuoco [DeNovo] – EDY
07. Time [Tom Waits] – Zavvo
08. Polisex [Ivan Cattaneo] – Umberto Palazzo
09. Alike [Efterklang] – Tizio
10. Barbara [Enzo Carella] – Smegma Bovary
11. T’Innamorerai [Marco Masini] – La Tosse Grassa
12. La Stagione Dell’Amore [Franco Battiato] – Lacinskij

È online su YouTube “Time”, primo video estratto da “The Re-cover Session Vol.1”, il nuovo disco di Lacinskij. Cover del celebre brano di Tom Waits, “Time” vede la partecipazione straordinaria di Zavvo (Salvo Nicolosi), regista e tra i fondatori del collettivo Ground’s Oranges, e ben rappresenta l’anima del disco: una collezione di 12 brani della storia della musica italiana e internazionale rivisitati da altrettanti cantautori.

Prima di tutto: hai un alter ego polacco. Ti prego, dimmi perchè polacco. C’è un motivo? O hai scelto a caso? O ti piace davvero, davvero tanto la Polonia?
In realtà è una storia molto più semplice. Cercavo di trovare un moniker adatto e ho cominciato a trastullarmi cercando anagrammi del mio cognome nella rete, per vedere che risultati portava, fino a quando (non ricordo neanche come) sono approdato a una pagina in cui leggevo che łaciński vuol dire latino in polacco. Ho semplificato la grafia e aggiunto una j finale. La J sta per Joseph, ergo il mio nome: lo so è un po’ una forzatura…però, come per il “fare musica”, trovarsi un nome è sempre un atto creativo, mica un trattato di statistica.
E poi mi piace molto anche Kavinsky come artista, insomma un’origine un po’ nerd e musicale.
Spero non resterai delusa perché immaginavi qualche storia un po’ più folle.


Secondo: un disco di cover anomalo. Un disco di cover sperimentale. Come mai hai deciso che questo lavoro doveva essere dedicato alla musica di altri, e come hai scelto chi li avrebbe interpretati?
Avevo iniziato a lavorare al secondo capitolo di Sound[e]scaping (mio primo album) poi all’improvviso l’inverno scorso, con la Sicilia in zona arancione e il relativo coprifuoco, sulla scia di altri esperimenti fatti l’anno precedente, ho iniziato questo lavoro serale di reinterpretazione, un po’ per imparare mettendomi a confronto con altri linguaggi, un po’ perché era qualcosa di nuovo.
Gli amici che ho scelto: beh, ho mandato messaggi su Whatsapp… ridendo e scherzando siamo diventati una dozzina ben assortita.


So che fare un disco di cover è sempre rischioso: si rischia di incorrere nelle ire di chi non apprezza che qualcuno modifichi i pezzi dei suoi idoli, o comunque di confrontarsi con canzoni più grandi di noi. Come hai affrontato questo processo, e come hai scelto i pezzi?
Quando ho pensato che avrei attirato l’ira di gente che vive la musica da fanatica, che è il vero significato di fan, beh, posso solo dirti che la cosa ha aiutato la mia determinazione. Ho pensato: “Ottimo, facciamoli incazzare tutti!”
Detesto chi vive la musica come se fosse una religione o chi vive per ascoltare l’ultimo singolo alla moda di questo o quell’altro fenomeno di costume: è per me sintomo di pochezza, tanto vale ascoltare la radio diffusione al supermercato.
Ascoltare musica è un atto di ricerca, così come farla.
Essendo per me il confronto con il linguaggio musicale una cosa seria, non potevo non cimentarmi quando ho capito che stavo per imbattermi in un gran casino. Ovviamente a una certa stavo sclerando e stavo per mollare tutto ma alla fine ce l’ho fatta a finirlo. Confrontarsi con quello che è più grande è una sfida positiva.
I brani, invece, li ho lasciati scegliere ai rispettivi cantanti.

Un disco “cui probabilmente non seguiranno concerti”. Immagino che la difficoltà di portare in tour così tanti cantautori diversi sia grande, ma c’è anche un altro motivo per questa decisione, oltre a quello logistico?
Fondamentalmente l’aspetto logistico, mi piacerebbe farlo un live ma non saprei manco quantificare i costi per gli spostamenti. Poi per altri versi mi chiedo che senso abbia imbastire un live simile se poi, alla fine dei conti, la musica fuori dai circuiti mainstream è diventata invisibile. Il pubblico normale ascolta quello che passa alla radio o le cover band.
Accetto il mainstream, mi piace reinterpretare e tributare, se fatto con gusto, ma le cover band proprio non le capisco. Che piacere provi a fare il brano di qualcuno se non lo reinterpreti a modo tuo?

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