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Interviste

Peter White, Millisecondi è il suo nuovo album amarcord

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Si dice che il secondo disco sia il più difficile per un artista: deve saper tirar fuori qualcosa di originale ma che non deluda gli ascoltatori già conquistati con il precedente. Peter White, (Pietro Bianchi, classe ’96) ci ha provato, ha avuto il coraggio di ritentare un nuovo lavoro uscito su tutte le piattaforme il 21 gennaio, sotto etichetta Epic/Sony Music Italy, dal titolo Millisecondi, perché sono gli attimi che fanno la differenza. Racconta così la nascita di questo suo secondo progetto, come di un accumulo di attimi che regalano emozioni e quotidianità, dietro cui vi è un lavoro immenso ma dentro tanto amore.

Millisecondi è composto da dodici tracce, di cui sette inedite, e include le hit che già ci hanno fatto apprezzare questo autore moderno: Rosé, Gibson Rotte, Galleria Lungotevere, Notti Amarcord e Sabato Sera. Lo stile a cui ci ha abituato non è andato perso; la sua scrittura resta leggera, attuale e romantica, con strofe che sembrano regalarci la visione di un film, amarcord.
Oltre alla collaborazione con gli Zero Assoluto in Notti Amarcord, e quella con Gemello in Sabato Sera, troviamo il featuring con Cliet nella canzone Molotov, che con l’unione delle loro voci rende il brano e il disco personale e poetico. La produzione è stata affidata agli amici storici: Niagara (Gabriele Fossataro) e Polare (Paolo Mari) che con scrupolo hanno curato i dettagli di ogni voce e suono, creando situazioni e aneddoti divertenti da raccontare, come registrare dentro i bagni o arrampicarsi sui muri.

Il cantautore romano con gli scorsi successi è riuscito ad ottenere ottimi risultati, un disco d’oro con Narghilè e un tour apprezzatissimo dai giovani, che non si sono mai risparmiati di cantare tutte le sue canzoni. Noi di Futura 1993 lo abbiamo intervistato per scoprire tutto quello che c’è stato dietro la nascita di questo nuovo disco!

Ciao Pietro! Come stai e quanto sei felice per la pubblicazione del tuo secondo figlio, Millisecondi?
Ciao, sto bene! Era da tempo che aspettavo questo momento: finalmente il mio disco è diventato vostro.

Siamo abituati alla tua scrittura romantica, che parla di te e dei tuoi sentimenti. Quali sfumature caratterizzano questo secondo album?
Ogni brano racconta una sfaccettatura della mia vita quotidiana, una serie di dettagli che ho cercato di focalizzare all’interno delle canzoni. In “Millisecondi” c’è tutto: sole, pioggia, sorrisi, lacrime, amici, tristezza, amore e tanto altro.

Con il tuo primo disco sei riuscito a farti conoscere da un vasto pubblico mainstream, e hai raggiunto il disco d’oro con Narghilè. Questi traguardi ti hanno creato molte aspettative e voglia di crescere?
Ho iniziato a scrivere e cantare per me stesso, e continuo a farlo. Raggiungere certi traguardi è meraviglioso, soprattutto se arrivano quando non te li aspetti. Con il tempo ho maturato la consapevolezza che più cerchi le cose e meno le trovi. Bisogna vivere giorno per giorno, nota per nota, frase per frase: proprio come nascono le canzoni.

Gibson Rotte ha fatto strada come un’auto che va a centottanta di notte. Quando è nata questa canzone e la voglia di inserirla nel nuovo album?
È un’ottima domanda, perché “Gibson Rotte” ha una storia particolare: non volevo rilasciarla. Avevo registrato questo brano dal sapore “cupo e urban” ma non ero sicuro del risultato. Tutto il mio entourage insisteva perché la mettessi nel disco, credeva fortemente in quella canzone e alla fine mi sono fidato. Ho fatto bene, ora la apprezzo più che mai.

C’è uno di questi brani a cui sei più legato o che ti provoca un ricordo particolare?
Ho un rapporto particolare con le mie canzoni: le scrivo, le risento un milione di volte e poi le lascio andare, come schegge della mia vita. In questo momento sono particolarmente legato a “Inizio Febbraio”.

“Il modo che hai di fare l’amore è come ballare se piove”. Ho notato che sia Rosé che Saint Tropez hanno questo scenario di pioggia e temporale. C’è qualcosa in questa o altre atmosfere che ti suscitano la scrittura?
La vita quotidiana è lo scenario delle mie canzoni. Anche la pioggia è un elemento ricorrente, nonostante cambi significato brano per brano: in Rosé la pioggia è quasi liberatoria, in Saint Tropez rappresenta invece lo stato uggioso di un pomeriggio.

Sei un artista giovane ma completo: oltre alla musica ti dedichi allo studio dell’architettura e disegni. Molte tue opere sono state cover dei tuoi brani e hai anche personalizzato delle chitarre. Come coniughi queste tue passioni?
Alla base di tutto c’è una passione per l’atto compositivo: ideare qualcosa e vedere   come   evolve   nel   tempo.  Per   il   resto   non   mi   pongo   troppi   limiti, sperimento. È molto gratificante quando questi mondi si incontrano tra di loro, come nel caso di “Gibson Rotte” e i disegni sulla chitarra o nelle copertine dei miei brani.

Clied, Zero Assoluto e Gemello sono i featuring vincenti con cui hai deciso di condividere la tua musica. Come sono nate queste collaborazioni? Cosa ti hanno lasciato questi artisti?
Ho scelto accuratamente i featuring, non per il nome ma per la persona. Condividere una canzone è   un’esperienza incredibilmente personale: lasci tracce della tua identità insieme a qualcun altro. Alessandro (Clied), Matteo e Tommi (Zero Assoluto) e Andrea (Gemello) hanno reso il mio secondo disco ancora più speciale, e per questo li ringrazio.

Il tuo essere romano è una caratteristica che dà alle tue canzoni un’impronta stilistica unica, un po’ rap e un po’ urban. Quel è il tuo rapporto con la storia, l’arte e la musica di questa città che lancia molti autori contemporanei? (Franco 126, Fulminacci, Carl Brave ecc)
Roma mi ispira ogni giorno, forse proprio per le sue contraddizioni: dai vicoli silenziosi alle piazze caotiche, dai monumenti eterni al traffico dell’ora di punta, dal Tevere che brilla al sole alla sporcizia delle strade il sabato sera. È così: un rapporto di amore e odio. Con la scena attuale condivido questo teatro, che è sicuramente il risultato di alcune similitudini.

Il tuo percorso è iniziato con Birre chiare, che dal passaparola ti ha dato notorietà e da lì hai avuto una crescita con l’uscita di Primo Appuntamento e il tour estivo. Poco dopo la pandemia. Come hai affrontato questo stop della musica e come ti sei riscattato?
Come tutti, con alti e bassi. Ho avuto fasi in cui scrivevo molto e altre di blocco. Il modo di riscattarmi? Questo disco, brano dopo brano.

“Se finisci i sogni, magari ti do i miei” ora che Millisecondi può essere ascoltato da tutti che sogni e desideri hai?
Tornare sul palco e sentire la gente cantare con me. Solo in questo modo ci si riprende un po’ delle proprie canzoni. Questa è la vera bellezza della musica.

Giada Consiglio

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