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“HACKNEY DIAMONDS”: la recensione del nuovo album dei Rolling Stones

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E chi se lo sarebbe aspettato! A diciotto anni dall’ultimo disco di inediti “A Bigger Bang”, i Rolling Stones tornano sulle scene con un album nuovo di zecca: si intitola “Hackney Diamonds”, esce domani, in formato fisico e digitale, ed è il primo della band dopo la morte dell’indimenticato batterista Charlie Watts. Lo abbiamo ascoltato in anteprima e la sensazione, rivitalizzante, è che gli Stones, 60 e passa anni di rock sulle spalle, di colpi in canna ne abbiano ancora diversi. Così, di brano in brano, con questo disco Jagger, Richards e Wood ci portano in un viaggio intenso, sfacciato e caleidoscopico, in cui prendono forma i contorni delle radici della loro storia, sì, ma nello specchietto retrovisore.

È come se gli Stones di “Hackney Diamonds” ci stessero dicendo: ecco da dove veniamo ed ecco come ci piace farlo. Una dichiarazione di identità, che poggia le sue fondamenta su sei decenni di musica, ma senza intenti nostalgici. Se c’è una cosa che gli Stones non hanno mai smarrito, infatti, è la voglia di suonare e, se non bastasse la nutrita serie di live, con cui la band continua a riempire gli stadi di tutto il mondo, qui, a raccontare la smania di rock’n’roll, che ancora oggi attanaglia Jagger e soci, è il titolo stesso, quel “Hackney Diamonds”, che la band ha spiegato così, a inizio settembre, in occasione dello speciale evento mediatico presso lo storico Hackney Empire di Londra: «Hackney è una zona di Londra e “Hackney Diamonds” si riferisce a quando esci il sabato sera e ti senti pronto a distruggere cose. Spacchi il parabrezza di un’auto e il vetro si frantuma in schegge che cadono a terra: quelli sono i diamanti di Hackney».

(Photo by Dave Hogan/Hogan Media/Shutterstock)

E pensare che, forse, anche loro avevano smesso di credere che questo giorno sarebbe arrivato, ma il materiale inedito raccolto nel corso di quasi due decenni, che hanno visto gli Stones pubblicare solo un album di cover, nel 2016, “Blue & Lonesome”, tributo alle loro origini blues e vincitore di un Grammy, stava iniziando a spingere sulle pareti della scatola in cui Jagger e soci lo avevano confinato. Una marea di musica, nella quale naufragare senza il giusto capitano a guidare il vascello. Così, trovato il degno sostituto di Don Was, storico collaboratore degli Stones, rapito al momento da altri impegni, il pallino della situazione è stato affidato, per la prima volta, al produttore e musicista newyorkese Andrew Watt, nominato produttore dell’anno ai Grammy Awards del 2021 e già al lavoro con Post Malone, Iggy Pop ed Elton John.

Registrate in varie località del mondo, tra cui gli Henson Recording Studios di Los Angeles, i Metropolis Studios di Londra, i Sanctuary Studios di Nassau, Bahamas, gli Electric Lady Studios di New York e gli Hit Factory/Germano Studios, sempre a New York, le 12 tracce di “Hackney Diamonds”, dicevamo, sono un viaggio attraverso le varie ispirazioni della band, triturate, digerite e risputate in chiave Stones, allo stato puro. Si parte forte, con il primo singolo di lancio del disco, “Angry”: buon vecchio rock’n’roll, gran tiro della batteria di Steve Jordan (già con Richards negli X-Pensive Winos e al posto di Watts nella formazione live degli Stones) e i riff di chitarra essenziali, ma incisivi, marchio di fabbrica di Keith Richards e Ronnie Wood. Se, poi, già la seconda traccia, “Get Close”, nonostante la presenza di Sir Elton John al piano, imprime una prima piccola battuta d’arresto all’accelerata iniziale, a seguire, “Depending On You” riporta i giri sulla giusta frequenza, grazie anche a un Mick Jagger in grande spolvero, e introduce quell’ambientazione blues e country, che costituirà uno degli elementi più affascinanti del viaggio.

Le cose iniziano a farsi convincenti e pettinare le bambole, si sa, non è certamente una delle prerogative degli Stones, che, dopo le atmosfere accorate della ballatona di cui sopra, tornano a ruggire con “Bite My Head Off”, pezzo dal sapore punk (Pensi che sia la tua troietta, ma sto fottendo con il tuo cervello, canta Mick), tesissimo, con la batteria tutta dritta e un riff di chitarra ignorantissimo, su cui si posa un altrettanto sfacciata interpretazione di Jagger, che nel corso dell’album toccherà, convincendo, i registri più disparati. Ah, il basso è quello di un altro Sir, Paul McCartney, che incide, ma non intrude. I battiti rimangono alti anche su “Whole Wide World”, un brano, che parte da atmosfere un po’ alla Stooges, per arrivare a farsi trasportare da una sezione ritmica praticamente disco, su versi di vita vissuta, sesso e gas, dal lordo appartamento di Fulham, fino al treno lanciato a folle velocità verso il Sud degli States. 

Devo prendermi una pausa da tutto questo, il vento e la natura selvaggia chiamano, canta Mick in “Dreamy Skies” e si respira con questa ballata country-blues. Una pausa di 4 minuti e mezzo, perché a sparigliare di nuovo le carte arriva “Mess It Up”, uno dei due pezzi, in cui compare postuma la batteria di Charlie Watts, chicca di un brano, che trova nella deriva quasi dance il suo elemento più accattivante. Uno strano momento di stanca questo, piazzato a metà del viaggio dagli Stones, forse più un giro di boa, perché la svolta non si fa attendere e “Live By The Sword”, altro pezzo con al centro la batteria di Watts, affiancata dal piano di Elton John e dal basso dell’ex bassista degli Stones Bill Wyman (nel resto delle tracce il basso è suonato da Keith e Ron), ci riporta in cima alle montagne russe di “Hackney Diamonds”, tra passato e presente, echi garage e hard blues.

Ci si avvia verso il gran finale con “Driving Me Too Hard”, ballata dai toni confessionali e ancora una volta country-blues, che, magistralmente interpretata da Jagger, prepara il terreno per il gran finale. Roba col botto il trittico che chiude la tracklist, a partire da “Tell Me Straight”, il pezzo dell’album cantato, come di rito, da Keith Richards e senza dubbio tra i momenti più sinceramente ispirati dell’album. Il miracolo, tuttavia, arriva sulle note della preghiera gospel “Sweet Sounds Of Heaven” e non fa meraviglia, se calcoliamo che le mani sui tasti neri e bianchi, qui, sono quelle di Stevie Wonder e che, il caso, ha voluto che quel giorno in studio passasse una certa Lady Gaga, per un saluto, sì… La sua voce, quella di Jagger, le tastiere di Wonder, la mescola unica delle chitarre di Richards e Wood, il finale non finale, che quando non te lo aspetti riapre i giochi: “Sweet Sound of Heaven” con il suo dolce suono spalanca, finalmente, le porte del paradiso. 

Un momento di pura beatitudine, prima della chiusura affidata al classico di Muddy Waters “Rolling Stone Blues”, un ritorno a dove tutto è iniziato, reinterpretato voce, chitarra e armonica da Mick e Keith, a sugello di un’amicizia che, nonostante le diversità, non avrà mai fine. Chiude il cerchio in maniera perfetta quest’ultima traccia, tanto da aver suscitato il timore che questo possa essere l’ultimo album degli Stones. Chissà! Al momento, l’unica cosa certa è che la band, oltre a una ritrovata vitalità, ha nel cassetto una messe di pezzi inediti, cosa che potrebbe far presupporre un seguito.

Intanto, una serie di iniziative speciali accompagneranno l’uscita dell’album. Per festeggiare l’occasione, infatti, Capitol Records Italy/Universal Music Italia e Feltrinelli Librerie apriranno, dal 20 al 26 ottobre, un pop up store all’interno del negozio Feltrinelli di Corso Buenos Aires a Milano, dedicato a Mick Jagger, Keith Richards e Ronnie Wood, dove i fan potranno trovare, oltre alle edizioni fisiche del disco già disponibili in Italia, una versione unica in esclusiva per questa occasione e per questo store: un vinile completamente rosso in edizione limitata. Ma non è tutto, per quanto riguarda il merchandising, presso la libreria sarà disponibile una t-shirt ideata e personalizzata in esclusiva per il pubblico italiano, anche questa in edizione limitata. 

Ah, se nei prossimi giorni vedete l’iconica lingua degli stones sulle magliette del Barca, sappiate che va tutto bene, non avete un’allucinazione da troppi ascolti in loop di “Hackney Diamonds”. Il Barcellona, infatti, ha come sponsor Spotify e per celebrare l’uscita dell’album, non solo ha creato due edizioni esclusive della maglia da gioco (in vendita da lunedì), ma sfoggerà sul petto nella sfida con il Real Madrid (il Clasico) il celeberrimo logo della band, impegnata questa notte a New York in un esclusivo showcase mobile free (i cellulari sono banditi). I succosi estratti della serata estratti saranno disponibili da domani… stay tuned.

Cinzia Meroni

(Photo by Dave Hogan/Hogan Media/Shutterstock)

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