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Editoriali

It’s the new wave of the future! Una retrospettiva su underscores, parte uno: 2015-2023

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underscores Dan Franco

Correva l’anno 2015. Una giovanissima April Harper Grey, all’epoca ancora legata al nome di battesimo Devon Karpf, rilascia la sua prima canzone sotto l’alias “underscores”. Mild season, questo il nome della traccia, è un inno alla musica fatta con i computer. Una composizione in chiave dubstep che ha un taglio decisamente progressivo, con la sua struttura complessa ed il suo interessante parco suoni. 

Meno di 10 anni dopo, underscores sta passando nella bocca di tutti, da NME a Fantano. “Hyperpop legend in the making”, garantisce Ones To Watch. Termine, hyperpop, che in questo caso è estremamente riduttivo. Nel 2023, il marchio di un buon artista è quanto poco la sua/loro musica centra con l’etichetta che gli appiccica la stampa. Il concetto di genere è pressoché morto e sepolto, e anche se dovessimo catalogare la proposta artistica di April, “hyperpop” c’entra poco con progetti come “Fishmonger” e “Wallsocket”. Ovvio, le sfumature ci sono. Tracce come “Your favorite sidekick” riportano alla mente realtà come Charli XCX mentre le sezioni più elettroniche hanno un non so che di 100 gecs. Soprattutto per l’uso martoriante di glitch e distorsioni intenzionali. Eppure la sua evoluzione come artista è stata talmente personale ed interessante che non mi sentirei di affiancarle nessun “ai fan piace anche”. 

Dunque, cos’ha di così interessante il progetto “underscores”? Choose your fighter, tra una capacità compositiva da malati di musica e una sensibilità pop da testa delle classifiche. È un po’ questa idea che underground e mainstream possono convivere, tutto con lo scopo di arricchire l’ascoltatore. Non è raro che il pop sia anche musicalmente interessante a livello teorico, ma neanche così comune. April, nel suo piccolo, sta creando musica che è facilmente digeribile ma complessa abbastanza da poter avvicinare molte persone al mondo più teorico del medium. Ne è esempio lampante “Locals [girls like us]”, vera e propria hit tratta dal suo ultimo lavoro in full length, “Wallsocket”.

La componente pop della sua musica è però una bestia relativamente nuova ed in costante miglioramento, visto e considerato che, come sopracitato, il progetto parte come musica prettamente elettronica. Il primo e vero tentativo di incorporare melodie vocali e testi arriva nel 2018 con il rilascio dell’ep “skin purifying treatment”. Il disco è eccezionale, ed in retrospettiva è invecchiato davvero breve. Consiste in 8 tracce chirurgicamente legate tra di loro che fondono edm e qualche punta di jazz in modo progressivo e lungimirante. Tematicamente l’ep segue un concept ben preciso, in quanto narra di questa guerra interiore tra logica ed emozioni che collidono quando la narratrice si trova a dover prendere una “decisione importante”. In quel momento, April stava prendendo coscienza di una disforia di genere che la portò poco dopo a fare coming out come ragazza trans. Non è esplicito che le due cose siano collegate, ma mi piace pensare che questo piccolo progetto da 25 e rotti minuti di musica abbia aiutato qualcuno a sentirsi più a suo agio con se stesso/a. Con poche frasi ben piazzate e qualche stacco cinematico, underscores ha costruito un vero e proprio viaggio nella sua psiche. “Skin purifying treatment” è un debutto di rara fattura, un disco che potenzialmente non è per tutti ma che già allora lasciava intravedere il potenziale del progetto. Senza nulla togliere ad uscite anticedenti a questa, come l’ep strumentale “Air Freshener” del 2016 e vari altri singoli tra cui un preferito personale, “sneakerhead”, ed il suo rullante off-beat

Da qui al suo primo vero full length passano ben 4 anni. Quattro anni che però vedono il rilascio di un paio di piccoli progetti da tre tracce ciascuno, separati da altri singoli che compongono questa sua era di approccio a sonorità più pop. Nel 2019, per esempio, vede la luce uno dei miei progetti preferiti marcati underscores: “we never got strawberry cake”. Tre tracce, come anticipavo, per un totale di 9 minuti e mezzo di musica. Qui forse le influenze hyperpop si fanno sentire per la maggiore. L’elettronica ha ancora un posto fondamentale nel calderone, ma per la prima volta il focus si sposta su strutture meno caotiche e melodie più catchy. Devastante la traccia di mezzo “set u off (365)”, e la sua produzione che è una vera e propria gioia per le orecchie. L’intero comparto sonoro di ogni singola uscita targata underscores è quasi orgasmico. Si nota davvero subito che nasce come producer, e la produzione rimane un forte di ogni cosa che fa. Segue, nel 2020, un altro mini ep chiamato “character development”. Con questo rilascio, April consolida la sua innata sensibilità pop costruendo un disco più scanzonato e spendibile. È questo forse il punto di svolta nella giovane carriera dell’artista. Ed è infatti il progetto che segue ad esserne la consacrazione. 

2021. Come in molti altri periodi della mia vita mi torna la scimmia per il pop-punk. Solo che Enema, Chuck e Americana sono tutti dischi che ho ascoltato alla nausea e la nuova scena per me è terra semi-inesplorata. Ok i Neck Deep e i No Pressure, ma sicuro mi sto perdendo qualcosa di davvero figo tra le righe. Parte dunque la ricerca, e tra mille pezzi che sanno di ritrito capito su una certa canzone: “Spoiled little brat”. Non capisco se “underscores” è il nome della band o se è una persona sola. Non faccio in tempo a chiedermelo che verso la fine la canzone esplode completamente. Dopo aver mandato indietro l’audio per accertarmi che fosse davvero una scelta compositiva e non che mi si fosse in realtà fottuto il pc, sono ufficialmente rapito. Quindi mi fiondo sull’album che fa da casa a quella traccia. Signore e singori, “Fishmonger”. 

Un manifesto di musica zoomer, un’insalata di ogni genere post y2k, un marasma di effettini per mezzora di musica altamente over-prodotta. E ne ho amato OGNI secondo. C’è veramente qualcosa per tutti in questo progetto. Dal pop-punk sopracitato che è una novità stilistica per April, ma allo stesso tempo calza talmente bene che sembra essere sempre stato lì, fino a pezzi le cui voci sono effettate al punto da ricordare tipo le torrette in Portal e Portal 2. Tutto sotto il tag “The new wave of the future!”. Il disco si apre con l’abrasiva “70%”, la cui esecuzione vocale da quasi fastidio per cadenza e presentazione. A detta di underscores: “L’intenzione era allontanare gli ascoltatori con un pezzo così distorto per cercare di guadagnare il loro sostegno con il resto dell’album”. Un modo sadico di selezionarsi solo fan che ci tengono davvero, insomma. Ovviamente, se l’album viene approcciato per le sue tendenze più punk, il pezzo ha l’effetto opposto. Tocca dunque alla hit “Second hand embarassement”, in pratica “Dumpweed” dei blink se i blink al posto dello skate avessero avuto l’hoverboard. Sono consapevole che sto vendendo un disco che sembra la seconda venuta del pop-punk, anche se di punk c’è veramente solo una spolverata. E quindi “Bozo bozo bozo”, “Kinko’s field trip 2006” e “Where did you fall” portano un’attitudine cantautoriale ad una produzione estremamente moderna, quasi glitch-pop. “Where did you fall”, nello specifico, è una composizione mastodontica fatta di innumerevoli sample e millimetriche manipolazioni dell’audio. Come può una traccia così maltrattata suonare altrettanto assuefacente è magia che non comprendo. Passando per la sopracitata “Spoiled little brat”, si finisce su “Your favorite sidekick”. Anch’essa già presente nell’articolo, in quanto portavoce dell’etichetta hyperpop che tutti vogliono imporre ad underscores. Il trittico finale è toccante sia a livello sonico che tematico. In primis, “Dry land 2001” fa dell’ambient il suo punto di forza per una durata di 7 minuti e spicci. “The fish song” è una ballad decisamente più corta ma non meno importante nella tracklist, vista anche la connessione con le tematiche astratte del disco. Chiude la fila invece la sensazionale “Del mar county fair 2008”, un pezzo che porterò sempre dentro di me. April e Maxwell Young, featuring della traccia, hanno creato davvero qualcosa di una bellezza rara. 

Forse la lezione che ho tratto personalmente da “Fishmonger” è che il talento del musicista non è nelle dita, ne nei piedi, ne nell’ugola. È tutto in testa, perché è l’idea a vendere il pezzo più che il tecnicismo. Non me ne vogliano gli amanti del prog. Eppure, la natura giovane di questo specifico sound resta un turn-off per molte persone. Come dicevo, è musica fatta da zoomer per zoomer. Che da un lato è oro che cola, visto che sti benedetti classic rocker e/o puristi degli anni che furono vogliono far credere a noi giovincelli che dal 2000 in poi non è uscito nulla di valido, eppure eccoci qua. Dall’altro, le gambe dell’artista vengono indubbiamente tagliate se il target è demograficamente limitato. Ed il progetto successivo ne è forse un esempio ancora più lampante. Vi ricordate di Skrillex? Ecco. 

“Boneyard aka fearmonger”, ep uscito a Dicembre dello stesso anno, fa da postilla a “Fishmonger”. È un progetto con lo stesso spirito, decisamente più corto, ma altrettanto godibile. Quindi, cosa centra il buon Sonny con tutto questo? L’ep è quasi una lettera d’amore per la musica di Skrillex, a detta di April. Si apre con “Everybody’s dead!”, che letteralmente inizia con un sample di Skrillex quando ancora era solo Sonny Moore, in studio con i From First To Last. Il pezzo è dissonante ma allo stesso tempo piacevole, una sveltina per minutaggio ma comunque un ascolto più che meritevole. Torna il punk scuola SoCal in “Girls and boys”, ma addirittura più veloce e tagliente. Poco da dire sul singolone “Heck”, pezzo canonico e che crea dipendenza. “Gunk” e “Loansharks” invece vestono l’influenza di Skrillex su tutto il corpo, con drop dubstep ogni curva e un parco di suoni particolarmente accattivante. Nota di merito al riffettino di chitarra in Loansharks che sa talmente tanto di Midwest Emo che si è illuminata una sola finestra nella mia casa di legno al tramonto. “Tongue in cheek” è all’apparenza un altro bel pezzo punk, che nasconde però un feature non citato ma immediatamente riconoscibile. Le batterie sono registrate da mr. Travis Barker in persona. Vuoi mica che Travis passi l’occasione di collaborare con l’ennesimo artista emergente che lo attira. Abbiamo bisogno di più Travis. “Saltfields” invece chiude quest’era di underscores con un trucco già usato ma sempre efficace. Anche questa canzone si spappola sul finale, “Spoiled little brat” docet. 

A questo punto, la fanbase si stava infittendo sempre di più. Due progetti di un calibro così alto in meno di 12 mesi è un’impresa non da poco e va celebrata. Quindi, visti anche i semafori verde post lockdown, l’anno che segue è dedicato a suonare live. Suonare, perché non solo quelli che fanno musica con le chitarre possono dire che suonano. E comunque, April ha sempre una chitarra in mano oltre all’immaginabile muro di playback quindi tutto a posto. Da sottolineare la presenza al Lollapalooza del 2022, a cantare “sk8er boy” sullo stesso palco dei Metallica e davanti a persone che erano lì solo per garantirsi un posto in prima fila per i four horsemen. Visto che siamo in vena di termini da gen Z, l’hype per il progetto underscores stava salendo a dismisura. Come si sa benissimo: “Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”, e il prossimo full length può essere tutto o niente. 

Il 2023 inizia con il rilascio di “Count of three”, ultima traccia dell’era Fishmonger prodotta con Dylan Brady tra altri, e l’annuncio che quest’anno vedrà l’arrivo di tanta nuova musica. Passano mesi e, a maggio, esce “Cops and robbers”, primo singolo del nuovo progetto che in futuro verrà rivelato chiamarsi “Wallsocket”. Il rilascio del singolo coincide con la firma per Mom+Pop Music, etichetta che tra gli altri collabora con il progetto solista di Tom Morello. Adoro la tendenza di rimanere nel mondo della musica indipendente anche a contratto firmato. Non stiamo infatti parlando di una major, che sarebbe il passo più sensato a questo punto della carriera. Stiamo parlando di una mossa che, ancora, si dimostra molto punk. Su Wallsocket potrei scrivere un papiro, ma lo salvo per la parte 2 di questa retrospettiva.

Alla fine della fiera, complice anche quel periodo in cui tutti abbiamo dovuto trovare qualcosa da fare chiusi in casa, la scena pop underground statunitnese ha visto una rinascita ed una svecchiata colossale. Come ogni cosa made in USA, sono sicuro che troverà la sua strada per sbarcare anche in Europa. La stessa underscores, in questo periodo, ha annunciato un mini tour europeo. L’impressione è che però, in Italia, ne abbiamo sentito parlare solo io e l’ufficiale a cui ho sporto denuncia quando un americano mi ha scammato su un vinile di Fishmonger. La penisola infatti manca dal piccolo tour, e sfortunatamente anche i soliti commenti tipo “why no italy? ☹” sotto i post dell’artista. Ovviamente la mia speranza è di essere completamente fuori strada, e che un piccolo seguito per questa nuova scena ci sia anche in loco. 

Che sia l’immacolato “Census Designated” di Jane Remover, il toccante “Hypochondriac” di quel genio di brakence, o realtà più piccole come torr ed il suo freschissimo “molecule”, questa specifica scena ha tantissimo da offrire. Che sia hyperpop, glitch-pop, bedroom pop, indietronica o qualsivoglia designazione, il dato di fatto è che svariati ragazzi e ragazze stanno portando una ventata di complessità compositiva al mondo del pop. Personalmente mi hanno comprato al 100%, e devo questa ritrovata passione per il genere a miss. April Harper Grey. Ci vediamo a Wallsocket, Mitchigan, per la seconda parte.  

Foto Dan Franco

Matteo Pastori

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