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Sono appena tornato dal Flow Festival 2024: è stato una figata

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flow festival 2024


Flow Festival, manifestazione che si tiene ad Helsinki dal 2004, è quella cosa che da anni è sulla bocca di tutti ma poco considerato al di fuori della Finlandia. Un festival che ha avuto il suo momento di gloria anche in Italia quando, con sdegno italico, venne vista tra il pubblico una premier 36enne passare qualche giorno al di fuori delle prassi istituzionali come le sue coetanee ( Finlandia, il video di Sanna Marin scatenata a un party con gli amici | Sky TG24).

Dopo essere stato al Flow Festival lo scorso weekend, e memore delle mie esperienze passate sul tema, la diretta conseguenza al rientro in Italia è stata questa: acquistare il super early bird per il 2025, prenotare quattro notti nell’ostello dove sono stato e mettermi un promemoria per la prenotazione del volo su Google Flights e per chiedere le ferie al lavoro con un anno di anticipo. Sì, ho trovato la mia pace dei sensi nella regione Uusimaa.

Flow Festival è un evento a misura di uomo e dalle caratteristiche prettamente urban, tenendosi da anni in hub culturale a una decina di minuti di mezzi pubblici dal centro (anche meno, a piedi, dalla storica ambientazione del video di Freestyler di Bomfunk MC Bomfunk MC’s – Freestyler (Video Original Version) – YouTube ). I palchi principali sono quattro e il percorso a piedi maggiore tra di essi è di massimo dieci minuti. E se il classico main stage e i due palchi secondari coperti non fanno notizia, la vera chicca dell’intera area è Balloon 360°, palco situato all’ingresso del festival con la forma di un anfiteatro circolare e con un pallone aerostatico a sovrastarlo. Esercizio di stile? Di sicuro. Place to be della tre giorni e postazione perfetta per la foto da condividere sui social? Anche, vista la coda perenne davanti ad esso. A corollario di tutto ciò, installazioni d’arte e numerosi stage secondari su altre aree focalizzate sui dj set, compreso un piccolo giardino nel quale si è esibita Sophia Wekesa, che può essere considerata una sorta di Annie Mac dei mille laghi.

flow festival 2024 helsinki


Ma se i palchi sono una cosa presente in qualunque festival, ciò che non si trova spesso in giro è la combinazione di queste cinque condizioni: ampia offerta di cibo e bevande, prezzi umani, pagamenti con carte, civiltà e acqua gratis. Ecco, al Flow Festival le trovi tutte realizzate. A livello di food and beverage c’è un’offerta assurda, e se sul cibo la cosa può risultare scontata e sull’acqua gratis ormai anche, molto meno è quella lato alcolici: storia vera, ma ho visto più bottiglie di una nota casa vitivinicola girare per il Flow Festival in tre giorni che in anni. E qui entra in gioco la civiltà: in tre giorni non ho assistito ad una rissa, ad una bottiglia rotta o a un caso di semplice aggressione. Anzi, all’interno di ogni bagno erano presenti istruzioni dettagliate per segnalare in maniera anonima casi di questo tipo, visti o vissuti in prima persona. Su prezzi e carte la cosa va di pari passo: prezzi in linea con altri eventi europei, ma a compensazione di un prodotto non paragonabile (per il mio vissuto, un livello superiore solo ad Hyde Park), il sistema delle cauzioni per incentivare riciclo e il non lasciare rifiuti per terra e la mancata adozione dei token, sempre per tornare al tema della civiltà.

Ah sì, a Flow Festival c’è anche la musica. E parto dalla fine, dicendo quelli che sono i miei due rimpianti. E se il non aver visto Janelle Monae è da attribuire ad una scelta sofferta personale che non sto ad approfondire in questa sede, mi rode non aver visto la leggenda brasiliana Marcos Valle in un contesto come quello del Balloon 360°. L’ho comunque sentito dall’esterno e anche da lì è stata un’esperienza clamorosa.

Prima di parlare delle band, un plauso da fare a Flow Festival è la scelta di ridurre i nomi in cartellone e dare a qualunque artista che si esibisce sui quattro palchi principali un tempo congruo: salvo eccezioni, ad ognuno è garantito un tempo di almeno 45 minuti, più che sufficiente per dare al pubblico un set dignitoso. I clash sono inevitabili (Vince Staples vs Blonde Redhead l’unico di grido, per quanto mi riguarda) ma la vicinanza dei tre palchi principali, a pochi minuti l’uno dall’altro, permette di ridurre al minimo il sacrificio di perdere parte di un set. Non parlo di qui in avanti di vincitori e di vinti, perché ogni concerto è stato di alto profilo, ma di chi è emerso meglio degli altri.

Flow Festival, pur non strombazzandolo come fanno altre rassegne, è stato un evento a trazione femminile. RAYE è calata ad Helsinki come una stella luminosa e con la sua voce fuori dal comune e il suo british humour, al punto di dire che My 21st Century Blues è il suo debutto, ha dato il primo bagliore della tre giorni. Uguale, ma con lo stile elegante che la contraddistingue da anni, l’inossidabile PJ Harvey con la sua classe che incanta e non invecchia e lo stile più estroso e sopra le righe della norvegese Aurora. Ma la vera sorpresa della tre giorni sono L’Imperatrice, che non fanno nulla che non sia il French Touch sentito e risentito ma suonato fottutamente bene, e Kenya Grace, che pur cantando con delle basi quando si mette al sequencer dimostra di saperci fare e di non essere solo quella della piccola gemma Strangers, proponendo una cover di Toxic di Britney Spears della quale non ne avevamo bisogno ma che, dopo il primo ascolto, ne sentiamo la necessità. Halsey vince ma non convince: è bravissima e merita tutto il successo ottenuto, nulla da dire, ma dopo un’esibizione che alza l’asticella come quella di RAYE si parte inevitabilmente in svantaggio.

Tra gli altri artisti della tre giorni gli Overmono si sono confermati il solito ensemble elettronico britannico degli ultimi vent’anni, qualche singolo azzeccato da un duo che verrà ricordato senza infamia e senza lode, e i finlandesi Gasellit ne escono come una sorta di band hip hop in lingua locale divertente, che non riascolteresti ma che nel momento stai lì e ti diverti. IDLES e James Blake, pur proponendo due generi diametralmente opposti, hanno confermato la loro leadership live nei rispettivi generi: la carica post punk del collettivo di Bristol non ha lasciato nulla, se non le briciole, mentre l’alternanza tra eleganza e ruvidezza della proposta del 36enne londinese ha affascinato tutti i presenti, radunando in uno stage secondario il pubblico delle grandi occasioni. Apprezzato il ricordo dei The Smile da parte di James Blake, che lui stesso ha sostituito a seguito della cancellazione del tour per un’improvvisa infezione di Jonny Greenwood.

Ultimi, ma non meno importanti, i due artisti che secondo me han lasciato il segno e che han dimostrato il valore della vecchia scuola e delle nuove leve, sempre che l’ultima si possa definire tale. I Pulp, ancora in giro per il loro tour This is What We Do For An Encore iniziato lo scorso anno, restano ancora la più brillante ed elegante band del filone britpop degli anni Novanta, grazie anche ad un Jarvis Cocker dal carisma ancora oggi sopra le righe. E, alternate alle hit che li han resi famosi e alla presenza di quel Richard Hawley entrato in lineup per We Love Life, han trovato il tempo per proporre un inedito A Sunset. Fred Again con questo tour, infine, consolida il suo status di artista trasversale e capace di andare oltre la fanbase della musica elettronica. Una proposta non banale e furba, figlia della sua esperienza di produttore, che ha radunato quello che è probabilmente il pubblico più ampio del main stage di tutta la tre giorni. Un’esperienza musicale che oggi è probabilmente l’unico ad offrire, contaminata da altri generi musicali (collaborazioni con Anderson Paak, Brian Eno, The Blessed Madonna tra i tanti) e da una creatività nel connettere musica ad audio pescati dai social media, utilizzati come architrave dei suoi tessuti sonori.

Flow Festival è il piccolo segreto meglio conservato del panorama festivaliero europeo: affluenze estere risicate rispetto ad altri concorrenti (si parla di circa un 10%) per quella che è una gemma di un affollatissimo calendario e con la contemporaneità dello Sziget che sicuramente gioca a suo sfavore. Ma posso dire? Va benissimo così. E proprio per questo non voler cercare assolutamente la grandeur di altri eventi farò in modo che diventi il mio pilastro fisso festivaliero da qui in avanti. E non prendetelo assolutamente come un suggerimento.


Testo di Nicola Lucchetta

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