Medimex 2014: lavoro, taxi, sbronze e mestizia alla bellissima Fiera del Levante

Dato che oramai il Medimex 2014 ha spaccato ed è finito da un pezzo, ho pensato a quando ero molto più giovane e partecipavo a quelle serate in cui i miei o gli amici dei miei o i miei amici, portavano le diapositive delle vacanze appena trascorse. Si passavano le ore sul divano a guardare sul muro (mica avevo il pannello, ero pezzente già allora) delle foto più o meno decenti e ad ascoltare i racconti di chi illustrava cosa c’era dietro quello scatto, cosa succedeva nel mentre insomma. Ora tutta ‘sta intro c’entra poco ma è un po’ l’idea che avevo prima di mettermi a scrivere della fierona di Bari in modo meno istituzionale. Provate a non addormentarvi, a me in effetti capitava spesso quando si guardavano le diapositive…

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La musica è lavoro. Sì. Inizia con questo slogan il Medimex. Arrivo in fiera scroccando un taxi a Deezer (grazie Cinzia!) proprio perchè, lavorando nella musica, non posso certo permettermi di scannare coi taxi sin dal primo giorno. La preoccupazione principale una volta entrato è recuperare dei buoni pasto. Quindi capire come tornare all’albergo, senza ovviamente spendere un Euro. Ecco forse in fondo alla frase di cui sopra metterei un punto di domanda. E aggiungerei “Forse. Casati sarebbe comunque un pidocchio”. Ciò detto, si comincia. A lavorare.

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Avrei voluto mettere una foto della sal(ettin)a stampa, per far vedere dove avrei bivaccato nel corso della tre giorni. Tuttavia ho dovuto far funzionare tre portatili su cui Universal aveva caricato il nuovo disco di Vasco. Quindi zero tempo per le cazzate. Ho scoperto tardi che i notebook bomba erano touchscreen con tanto di app dedicata per la musica (che è lavoro, ricordiamolo). Avevo già usato il metodo “vecchia scuola rules”, quindi configurazione personalizzata di Win8 (che SO dimmerda madou), esplora risorse + media player e buon Vasco a tutti.
Durante la conferenza del Kom, non posso affermare con certezza di essere stato l’unico tra i presenti a godere come un riccio mentre un darkettonissimo Elmi snocciolava nomi come Symphony X, Adrenaline Mob, Deathstars, Mike Portnoy, Mike Orlando e Glen Sobel, disquisendo su materie quali il progressive metal e l’impatto dei Mesa Boogie Rectifier. Tuttavia lo ammetto, cazzo quanto stavo godendo! Una spiegazione approfondita, dettagliata, fornita non solo da uno dei più grandi produttori italiani di ogni tempo, ma anche da uno che il metallo lo ha sempre ascoltato, apprezzato e difeso. Detto questo, la libidine era anche derivante dall’aver colto poco prima dell’incontro queste influenze durante la prima listening session del disco stesso. Che poi tutto ciò non fregasse minimamente alle acquasantiere dei mammasantissima presenti in platea è tutt’altro argomento. Nella foto comunque c’è Vasco, ma di lui ho già parlato abbastanza in altri pezzi. A fine conferenza siam tornati a scrivere a manovella. Poi taxi, cena veloce e collasso in hotel.

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Qui sono all’interno della famosa navetta che dall’Hotel Palace portava (e riportava, se aveva voglia) gli addetti ai lavori alla Fiera. Diciamo pure che io al Palace non ci alloggiavo, quindi in questa foto la sto scroccando. Detto questo, al Palace ci avrei anche alloggiato se uno, mi avessero invitato ufficialmente al Medimex (capisco che il mio appeal come giornalista in effetti non sia top e quindi ci sta), e due, se almeno mi avessero detto che avrebbero tutti alloggiato al Palace. Oddio, ora che ci penso potrebbe anche essere che non mi fosse stato detto apposta. Ecco che quindi, mentre siedo sul comodissimo van, sopraggiunge in me un po’ di mestizia. La musica è lavoro ma Casati stai fuori dai maroni che fai casino, grazie…
Della navetta comunque ricorderò soprattutto i guidatori. Che facevano brutto quando scendevano dal mezzo a chi gli diceva “Tra quanto ripartite?”. Si sa che da queste parti non amano le domande. Fortunatamente l’ho presa una volta sola ‘sto cesso di navetta. Di contro ho preso sei taxi, pagandone un paio. Un’altra volta invece era l’una di notte ed ero su un simil pulmino-navetta. Sbronzo.

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Di venerdì 31 ricordo di essere entrato in fiera deciso ad andare a salutare tutti quelli che avevo visto di ultra sfuggita giovedì, oltre a voler dedicare la giornata allo sbrago più completo. Superato lo sbarramento di bimbi in delirio per Rocco Hunt (porcodue, Rocco Hunt…), riesco a sentire una battuta dal grande Manuel Agnelli di cui sopra: “Se alla fine usando Facebook non si scopa, vuol dire che Facebook non serve a niente“. Ignoro totalmente il contesto e l’argomento di cui si stesse parlando: questa rimane una delle frasi migliori di tutto il Medimex. Per festeggiare vado a scroccare una birra a un collega che non vedevo da un po’.

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Questa qui sopra è la quantità media di gente che affollava la Hall 3, luogo principale per incontri con gli artisti. Una marea di gente in uno spazio colossale con un palco altrettanto eccezionale. Riaffronterò l’argomento tra qualche foto, ma oltre agli incontri con gli artisti, io qui ci avrei fatto suonare gli artisti, anche dal tardo pomeriggio. E non solo in serata, con le sedie in mezzo ai maroni oltretutto…

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Esco dalla Hall e mi ritrovo Manuel circondato dai fan. La cosa stupenda è stato vedere il cantante degli Afterhours accontentare OGNI singola richiesta di foto o autografo di sorta, gestendo in contemporanea gli impegni promozionali con le radio presenti al Medimex con lo stand. Per la cronaca, Agnelli ha parlato con tutti quelli che lo avvicinavano fino al primo pomeriggio. Massimo rispetto. E birretta per festeggiare il suo atteggiamento.

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Quest’anno al Medimex erano presenti un botto di start-up. La parola mi fa schiantare dal ridere, sia perché la usano tutti, sia perché per partire ci vogliono tonnellate di palanche e di culo: mi ricordo bene del Music Italy Show del 2010 a cui partecipammo come media-partner (veri, non farlocchi con lo scambio merce del cazzo, guardatevi i video dio bono quanto tempo è passato, ok la pianto). Avevamo lo stand-one massiccio, regalavamo dischi e molti ci chiedevano “Ah siete una start-up?” E noi “mbeh, sì ecco, quello sì”. Avremmo fatto meglio a dire una fucked up, sarebbe stato più appropriato. Comunque viva le start-up, specie se hanno il vinello (notare sul tavolino di Volumeet, bella Pocho!) e lo offrono. Prosit!

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Subito dopo la zona start-up, c’era questa sala acquario in cui un botto di persone sembravano davvero impegnate a mettere in pratica lo slogan “La musica è lavoro” (ricordiamolo!) di cui sopra. Sono rimasto a guardare come andavano le cose qui dentro per qualche minuto, fermandomi un attimo anche perché dopo due birre e tre rossi di Puglia alle 12.30 iniziavo ad avere qualche problemino di lucidità. Sì, che volete, sono vecchio e non ho mai retto granché, voi siete certamente tutti più fighi, lo so. Di lì a poco si è deciso di andare a mangiare, coi buoni pasto trafugati ovviamente. Potendo scegliere, abbiamo ovviamente preso tutti i piatti possibili e le birre. Logico no?

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Dopo pranzo la situazione ha iniziato a essere complicata. La foto qui sopra lo testimonia. Perchè ho fatto una foto del genere? A cosa poi? Ho provato a smorzare il delirio prendendo un caffè importante. Purtroppo, l’arrivo di due colleghi che non vedevo veramente da tempo ha complicato le cose. Ho evitato altro vino, ma non l’ammazzacaffè. Ecco quindi perché questa installazione qui sopra mi sembrava veramente importante da documentare e da trasferire sulla mia testata che in questo momento sto trattando come il blog degli alcolistitsilocla palindromi.

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Un po’ di musica mi farà bene. Ho pensato. E lo stand della Roland era effettivamente da sbavo. Questa qui oltretutto è la Td 11 k, batteria elettronica che volevo prendermi ogni mese tipo negli anni scorsi. Costava sempre un botto e costa tutt’ora un botto. Mi son messo in cuffia un paio di pezzi e ho sbacchettato come ai bei tempi (no, non esistono video che lo testimoniano e meno male), per essere poi fermato perché mi stavo facendo prendere troppo e chi rompeva avrebbe poi pagato. Inevitabile a questo punto il ritorno della mestizia.

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Ma a sto giro ho deciso di farmi sostenere nel momento del bisogno. Ho trovato in colleghe, uffici stampa ed espositrici (conosciute eh, okkei che ero sbronzo ma mica andavo a importunare a caso) un porto sicuro in cui attraccare, anche se momentaneamente, per farmi dei selfie improponibili piuttosto mossi nei pochi secondi concessomi prima di essere giustamente cacciato in malo modo. Tra un giro e l’altro mi era ovviamente venuta sete.
Come dite? Volevate le foto grandi delle gnagne? Eh oh cazzi vostri eh, c’è comunque una privacy da rispettare, già si arrabbieranno nel trovarle qui…

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Carichissimo, ho caracollato ad abbracciare Jack Savoretti, quindi a un paio di panel. Uno era quello degli amici di Sounday, il cui ufficio stampa (ciao Cinzia) mi ha subito scambiato per un vagabondo entrato a sgamo alla fiera (per poi riabilitarmi e offrirmi taralli e un bicchiere di rosso per fare pace). Dio mio se ne ha fatta di strada il buon Pino, di sicuro il fatto di non aver mai calcolato nei suoi piani il coinvolgimento di una fucked-up come la mia è stato un elemento di successo sin dal primo momento. Qui sopra invece ci sono Ettore, Carlotta e Amedeo. I tre sono sostanzialmente il signor Sziget Italia, uno degli uffici stampa freelance più ambiti in circolazione e il signor Home Festival. Nonostante tutto, sono riuscito a rimanere lucido (anche mentre bevevo un bicchiere col grande Giulio), intascarmi una maglietta omaggio di Sziget e a capire che anche il prossimo anno questi due eventi spaccheranno di brutto. Lunga vita. Prosit! …pensate che le due bottiglie di pálinka fossero lì per bellezza?

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Conciato come un aborigeno oramai, ho preso un taxi e sono tornato con la cumpa in hotel. Fondamentale. Per essere poi in condizioni semi decenti per andare a cena e tornare (col taxi chiaramente, a sto giro pagava l’Ansa – ciao Carlo, lo so che in fondo, ma molto molto in fondo, ogni tanto riesci pure a sopportarmi per tre secondi) in Fiera. Suonavano tra gli altri Cristina Donà, Diodato, degli Ucraini folli e Jack Savoretti. Jack, si sa, è uno dei nostri protetti. Il suo concerto ce lo siamo dovuti seguire seduti, lui stesso non era contentissimo del pubblico. Che applaudiva sì, ma era troppo compassato e timido. La relativa lucidità che avevo riconquistato mi ha impedito di piazzarmi sotto il palco dall’inizio. Meno male, da un certo punto di vista. Per concludere questo delirante secondo giorno: MORE LIVE GIGS! Lo spazio è eccezionale, il palco pure. Leviamo le sedie dalle scatole e l’anno prossimo chiamiamo i Faith No More. Potete pure mettere a 30 Euro l’ingresso.

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L’ultimo giorno sono tornato apparentemente a essere una persona seria. Dopo aver beccato i ragazzi super di Nightguide, ho seguito tra i vari incontri anche quello relativo alla presentazione del Dizionario del Pop/Rock 2015. Devo ancora chiedere a Enzo (Gentile, quello con la maglia bianca per chi vivesse sulla luna) come cavolo ha fatto a non morire di freddo (sarà stato il potere del punk), visti gli spifferi assoluti che arrivavano nella Hall 5…

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Concludiamo con la vera prima immagine vista giovedì 30 all’arrivo in fiera. Questo .jpg l’ho chiaramente rubato da Twitter, ma è l’unica parte seria che mi sento per lo meno di accennare in questo inutilissimo post. Fin quando ci saranno organismi tipo la Siae, non si potrà mai dire “La musica è lavoro” senza spaccarsi la testa contro il muro subito dopo per essere coerenti. Senza sprecare insulti contro simili istituzioni, veri mostri e ostacoli per qualsiasi tentativo di miglioramento del settore “musica” in Italia, e perdere ulteriore tempo… diciamoci la verità: quanto fa ridere che l’unico panel annullato di tutto il Medimex sia stato proprio questo? Viva Soundreef va là…

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