Quale miglior venue della Salumeria della Musica per ospitare il concerto di Milano dell’8 dicembre 2014 di Sharon Van Etten, ex aspirante sommelier? Fortunatamente, però, talvolta le cose vanno esattamente come devono andare e, invece che essere ad assaggiare costosi vini francesi in qualche enoteca newyorkese, la cantautrice del New Jersey, già nota per le collaborazioni con Bon Iver e The National e attualmente in tour col suo quarto album “Are We There”, uscito lo scorso 14 maggio via Jagjagwar, è approdata per la prima volta in Italia con una serie di tre date, che hanno toccato, oltre a Milano, Bologna il 6 dicembre, e Roma il 7.
Ad aprire il live, in una Salumeria della Musica gremita, è stata la sorprendente Marisa Anderson. Armata di chitarra elettrica e slide guitar, nell’arco di mezz’ora la chitarrista di Portland, al terzo album con “Mercury” (2014, Important) e presente nell’opening track dell’ultimo lavoro della Van Etten, ha condotto la platea lungo un affascinante viaggio strumentale alle origini della tradizione musicale americana, fondendo con singolare originalità folk, country e delta blues. Ipnotica.
Qualche minuto per un rapido cambio palco ed ecco Sharon Van Etten, attesissima, accompagnata da Heather Woods Broderick (tastiere e backing vocals), Doug Keith (chitarra), Brad Cook (basso) e Darren Jessee (batteria). La tripletta iniziale, tutta tratta da “Are We There”, è da brivido: “Afraid of Nothing” trasporta delicatamente la platea sul pianeta Van Etten, sul quale ci risvegliamo con una versione decisamente energica del singolo “Taking Chances”, seguito dalla splendida ballata “Tarifa”.
Prima di fare un tuffo nel passato con “Save Yourself”, da “Epic”, primo brano “vecchio” di una scaletta di tredici pezzi, che, benché retta dal materiale del nuovo lavoro, non mancherà di varietà e di simpatici siparietti (come il divertente mea culpa dell’artista per essere inciampata in un’abbuffata di tortellini e Montepulciano Riserva non troppo prima del concerto) offerti da una Sharon Van Etten, che oltre a destreggiarsi con savoir-faire tra voce, chitarra, omnichord e tastiere, detta i tempi di un live intimo e sognante, ma mai stucchevole.
Lo show prosegue con “Break Me”, altra toccante ballatona tratta da “Are We There”, seguita da “I Don’t Want to Let You Down”, brano che invece ne rimase fuori perché «troppo allegro, non allineato al mood dell’album – spiega Sharon – ma che uscirà come singolo nei primi mesi dell’anno prossimo», e poi da “Tell Me”, una demo inclusa nella Deluxe Edition di “Tramp”.
Rimasta sola sul palco con Heather Woods Broderick, Sharon esegue “Life of His Own”, b-side del singolo“Leonard” estratto da “Tramp”, che anticipa la sezione più intima del concerto, durante la quale la Van Etten suona solo chitarra e voce la cover di “Perfect Day” di Lou Reed: il contrasto tra la delicatezza della strofa e la potenza con cui Sharon aggredisce le sei corde e la parte vocale nel ritornello funzionano, rendendo una versione assolutamente non scontata di un pezzo di difficile approccio.
Rientrata la band, c’è spazio per una divertente improvvisazione tutta in levare, omaggio a fonici e pubblico, cui seguono un’energica versione di “Don’t Do It” e la più raffinata scrittura di “Your Love Is Killing Me”, altro pezzo da novanta tratto dall’ultimo lavoro, così come il primo bis “I Know”, che Sharon esegue sola al piano, per poi chiudere assieme al gruppo con le suggestioni noise del primo singolo tratto da “Tramp”, “Serpents”.
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