In “The Take Off and Landing of Everything” degli inglesi Elbow c’è così poca originalità e così tanta raffinatezza compositiva che se non fossero loro ad averlo dato alla luce sarebbe un bruttissimo album.
Questi sono gli Elbow e questa è l’inesauribile vena artistica di Guy Garvey, un artista che può usare le parole “mondo” “pioggia” “stella” “cuore” nello stesso brano senza far uscire nulla di banale. Merito anche della band, certamente, che riesce sempre ad accompagnare al meglio, con musiche appropriate e malinconiche al punto giusto, i testi di Garvey.
Quello che vi ritroverete per le mani è il sesto capitolo della band di Manchester, dieci pezzi quasi mai sotto ai 5 minuti di durata, con “This Blue World” che è il brano simbolo dell’album che supera addirittura i 7 minuti, ma che ne potrebbe durare anche 15 senza stancare.
In definitiva, davvero nulla di nuovo sotto il cielo degli Elbow, tranne, a ben ascoltare, un tentativo di voler far capire al mondo un loro più convinto e serio modo di approcciarsi allo studio preparatorio dei pezzi e alla cura dei suoni, esercizio di stile che si fa sentire solo alle orecchie più attente, che poi sono quelle dei fan storici che avrebbero comunque apprezzato in ogni caso il nuovo album.
“The Take Off and Landing Of Everything” in particolare e gli Elbow in generale si confermano una delle band più rassicuranti e costanti del panorama musicale mondiale.
Per loro potrebbe essere prodotto l’adesivo da attaccare al cd fisico con scritto “no surprises” al posto dell’ormai famoso “explicit content” che tanto faceva felici i gruppi più sguaiati di fine anni ’90. Decidete voi se questo possa essere positivo o negativo.