“Music Is A Gamebook” è il nuovo album dei The Crocs. La band, che già aveva all’attivo un paio di EP, vede in questa nuova avventura discografica l’innesto di un nuovo frontman, Stefano Sala “Sablas”, e già per questo si potrebbe tranquillamente parlare di un’opera prima.
Partiamo subito al nuovo arrivato: Sala non si risparmia affatto durante tutte le 11 tracce che compongono l’album, andando a dimostrare che se la può cavare egregiamente come estensione e colore in tutti i diversi stili ed in tutte le occasioni offerte da “Music is a Gamebook”. Primo esito per lui: prova superata.
Un unico appunto, anche se non diretto alle doti canore, andrebbe fatto sul volume del cantanto, troppo alto rispetto agli strumenti che l’accompagnano, con il rischio che l’attitudine più strettamente rock della band passi in secondo piano. Si tratta certamente di una scelta voluta, per dare all’intero disco un’anima meno “vecchio stile” (vedi Korn, non citati a caso, ma capirete più avanti) e più rivolta alle sonorità di band giovani come i 30 Seconds To Mars. Per un rapido risconto basta ascoltare il segmento conclusivo di “A Bit Lonely”, che sembra porsi come un vero e proprio omaggio alle sonorità e ai cori della band di Jared Leto.
La band, composta da Alessio Vitale al basso, Federico Radici alla chitarra, Frank Monti alle tastiere e Dave Crocs alla batteria, ci restituisce un suono compatto, quasi un continuo crossover tra sonorità classiche del rock di fine anni ’90 (“You Make Me Crazy” e “You Are All I See”) e quello dei primi dieci del nuovo millennio (la già citata “A Bit Lonely”) senza disdegnare quelli che potremmo chiamare, forse impropriamente, esperimenti rock-dance, come in “Love Somebody Else”.
Non manca poi una ballad – “A different Season” – in cui è il piano a far sentire la presenza melodica e l’ottima capacità di arrangiamento della band.
Infine è doveroso citare la traccia bonus “We don’t Wake Up” remixata da Kid Knuckles, per più di 4 anni sul palco con i Korn. Un pezzo in cui la vena dance data dai synth e dalla distorsione della voce la fanno da padrone. La presenza dello special guest non aggiunge però nulla al progetto e, anzi, la scelta di identificare il brano come bonus track e non come singolo rappresenta una grande prova di carattere per la band.
In definitiva, tra riff ben calibrati, una sezione ritmica e timbrica che batte all’unisono senza sosta su ogni pezzo con precisione e tecnica, e le tastiere che vanno a dare carattere e connotazione ai vari brani, il risultato è assolutamente piacevole all’ascolto e con pochi punti deboli da sottolineare.
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