“Non mi trovo per niente a mio agio quando si tratta di definizioni. Molti ci includono nel calderone post rock, altri parlano di crossover, altri ancora di dance metal, giuro di aver letto anche da qualche parte heavy drum n bass…cose da pazzi!” Così Rob Rolfe, drummer della band Enter Shikari, comincia una chiacchierata amichevole insieme ad altri tre sbarbati inglesotti a Milano in un giorno polare di fine gennaio.
Il combo si relaziona apertamente con fans e giornalisti curiosi che salgono sul loro tourbus per realizzare le interviste di rito, anche se i ragazzi sono disponibili a parlare anche in varie zone di fronte al locale in cui sono già presenti alcuni fans. In patria stanno conoscendo un successo non da poco (“Posso dirti che di recente nell’ultimo tour in Inghilterra abbiamo suonato anche in palazzetti abbastanza grandi, di fronte a cinque-seimila persone, sold out totale per capirci”) e il loro secondo disco “Common Dreads” sta vendendo bene anche al di fuori dei confini amici.
Tornando sull’argomento di partenza non siamo riusciti a estorcere una risposta più completa, anche se è interessante sentirsi dire “Abbiamo iniziato suonando a scuola metal e roba abbastanza pesante, poi le influenze dei rave party e della musica elettronica hanno lentamente contaminato il nostro sound fino a concretizzarsi in quello che sentite oggi. Non penso che alle persone serva necessariamente sapere quale sia il nostro genere, sicuramente non siamo una band prevedibile”.
Sul palco Rou, Liam, Chris e Rob sono ben disposti al crowd surfing e al delirio collettivo, una cosa però non la sopportano proprio: “A volte i ragazzi salgono sullo stage e si rilanciano subito in mezzo al bordello, capita però che arrivino su e comincino a saltarci addosso, oppure si mettano a cantare e fare headbanging con noi…niente di male per carità però dopo un po’ sei d’intralcio, oltretutto su palchi piccoli come quello di stasera non sarà facile tenere il pubblico a bada…tuttavia a noi piace così, desideriamo avere il rapporto più stretto possibile con chi ci viene a vedere e ci supporta fin dall’inizio della nostra carriera”.
Una carriera che è esplosa grazie a internet e alla MySpace mania che ha permesso a diversi gruppi di ergersi all’attenzione di media ed etichette utilizzando il social network: “Credo che sia stata la nostra fortuna, senza Myspace non saremmo quelli che siamo oggi, non avremmo un contratto discografico e non potremmo girare il mondo a portare la nostra musica ai fans. Molti ci hanno conosciuto anche grazie ai download illegali, ma non mi interessa nulla, voglio dire l’importante è farsi sentire e diffondere il proprio messaggio, la gente che non compra i dischi è anche quella che viene ai concerti e compra il nostro merchandise quindi va bene così.”
Agenda fitta d’impegni per dei ragazzi che paiono divertirsi e godersi al massimo il momento: “Sappiamo che non sempre le cose in questo mestiere vanno bene, si vivono spesso alti e bassi e bisogna godersela fin quando dura. Se mi avessero detto due anni fa che sarei stato in grado di mantenermi suonando la musica che amo non c’avrei creduto nemmeno per un istante. Invece ehi siamo qui, durante quest’anno andremo anche in Russia, in Asia, andremo in festival estivi da urlo…sappiamo di essere dannatamente fortunati, quindi cerchiamo sempre di dare il massimo per chi ci viene a vedere, è solo merito dei nostri fans se possiamo vivere questo sogno…”