Gli Any Face sono ormai ospiti fissi sulle nostre pagine, li seguiamo con interesse estremo da diverso tempo e apprezziamo da sempre il loro modo originale ed intelligente di approcciarsi alla musica estrema.
La scorsa settimana, fulmine a ciel sereno, arriva un comunicato stampa che annuncia il ritiro della band dal cicuito delle esibizioni dal vivo, causa manifesto stato terminale della scena metal italiana e inadeguatezza generale dell’offerta da parte di promoter ed organizzatori di eventi. Il testo integrale, pieno di rancore e risentimento, lo potete leggere sulla pagina facebook della band a questo indirizzo.
Ci siamo messi immediatamente in contatto con la band per capire meglio la situazione e dare spazio al loro punto di vista.
Ciao ragazzi, intanto grazie per il tempo che ci state dedicando. Per prima cosa vorremmo sapere da dove nasce la vostra, sicuramente sofferta e dolorosa, decisione.
Omar – Ciao e grazie a voi per lo spazio che ci date. La nostra decisione non è stata sicuramente un fulmine a ciel sereno: decisione ponderata e sicuramente sofferta, presa dopo anni di situazioni al limite, di comportamenti poco professionali da parte di personaggi della scena o meno. In generale è una presa di posizione verso il sistema musicale nostro, ormai al collasso e senza nessuno sbocco; un mal costume generale imbarazzante, gestori senza arte né parte, musicisti di ogni sorta che cercano di trovare un piccolo spazio per potersi esibire accettando le più improponibili delle condizioni. Noi parliamo anche di rispetto, verso le persone, la strumentazione, gli anni spesi per studiare, i kilometri fatti negli anni; ti assicuro che sono tanti. Non è una questione di “adesso suono solo dove dico io perché sono il migliore”, assolutamente no. È “adesso suono dove il mio lavoro è considerato e riconosciuto”. Per noi è dignità.
Tony – Nasce dall’analisi della situazione attuale, dal modo in cui ci tocca vivere la nostra vita artistica. Da quello che ci accade giornalmente. Decisione sofferta ma necessaria e volutamente polemica.
Davide – Sappiamo di aver lanciato un boomerang di merda: nel suo tragitto ne lascerà, ma ce ne tornerà indietro parecchia. Immaginiamo le illazioni che qualcuno starà già facendo sul nostro conto. Che credano e dicano quel che vogliono. A noi non interessa e siamo sempre pronti a dimostrare la nostra attitudine e il nostro valore. Probabilmente abbiamo concluso con le nostre mani la nostra carriera live, ma lo abbiamo fatto a testa alta con coerenza, consapevolezza e dignità.
Nel vostro comunicato attaccate i promoter che non retribuiscono adeguatamente band come la vostra, in attività da ben 15 anni, e prendete posizioni forti nei confronti della scena metal italiana.
Avete mai avuto il dubbio di essere stati voi un po’ difficili nell’accettare le proposte offerte dal mercato? Se tutte le band prendessero una decisione così netta la scena morirebbe del tutto, non vi pare?
Tony – La scena ne gioverebbe, te lo assicuro, altro che morire; e poi la qualità della proposta salirebbe. Chiedere almeno il recupero spese per andare a suonare a centinaia se non migliaia km di distanza, dove magari ti devi portare anche la backline da mettere a disposizione di tutti, è fare i difficili? Poi ti accorgi pure che il locale fa pagare l’ingresso e tu hai diritto ad UNA birra! Questo é il rispetto per la scena?
Davide – Per come la vediamo noi, la scena dovrebbe essere un insieme di elementi che si muovono in maniera differente ma coordinata verso un’unica direzione: la condivisione e la divulgazione dell’arte. Basta che solo uno di questi elementi si muova in direzione opposta e si crea il caos. È entropia.
Tempo fa siamo stati invitati a suonare al Circolo del Gabbio nel VCO e al CSA Echidna nel modenese. L’affluenza fu scarsa e le serate andarono piuttosto male, ma in entrambi i casi i gestori dei locali ci hanno trattati con estrema cortesia ed ospitalità e a fine serata, senza un lamento, si sono presentati a noi per consegnarci il compenso stabilito. Nel primo caso, abbiamo dato metà della somma, come promesso, alla band che ci ha accompagnati, mentre il resto lo abbiamo lasciato ai ragazzi del locale. Potevamo permettercelo, visto che non eravamo troppo distanti da casa. Stessa cosa nel modenese: ci siamo presi esattamente un settimo della somma, giusto per fare benzina per il ritorno, e abbiamo lasciato il resto ai ragazzi del Centro Sociale. È stata una nostra scelta, spontanea e per noi ovvia. Ci hanno trattato bene: ci hanno offerto da mangiare e bere; sono stati gentilissimi e hanno riconosciuto che eravamo lì non per passare il tempo ma per svolgere un lavoro, per quanto piacevole e divertente possa essere per noi.
È così che secondo noi dovrebbero andare le cose: collaborazione tra le parti. Non siamo ciechi e sappiamo che gestori ed organizzatori devono affrontare spese elevate: ma se guadagni anche col nostro lavoro è giusto che questo ci venga riconosciuto. Se ci perdi, siamo i primi a venirti incontro. Noi non facciamo i difficili.
Attaccate anche chi chiede di essere pagato per concedere slot all’interno di eventi, e promoter che non mantengono le promesse. Il vostro comunicato è quindi indirizzato a chi attualmente promuove la vostra band e vi procura slot e serate? Quante volte vi siete trovati in situazioni analoghe a quelle descritte dal vostro comunicato di recente?
Tony – Non è un attacco al lavoro dei nostri promoter, è un attacco alla situazione generale che ci tocca affrontare; che poi gli altri tengano una certa politica sono scelte loro. Io posso anche scegliere di non lavorare alle loro condizioni.
Davide – Sia chiaro: con Nadir Music e Eagle Booking abbiamo firmato dei contratti molto seri che sono stati rispettati dalla A alla Z, da entrambe le parti. Niente da dire sul loro operato: hanno fatto tutto quello che è stato stipulato negli accordi e dunque da parte nostra non c’è alcun astio nei loro confronti. Per quanto riguarda gli slot invece: ci vengono proposti da anni e in numero sempre maggiore. Nove volte su dieci sono assurdi e costosissimi. Cosa dovremmo fare? Guadagnarci i nostri stipendi per devolverli a personaggi che non hanno neanche remore a trattarti senza rispetto una volta arrivati sul luogo dell’evento? Non esiste assolutamente!
Che dire di quell’organizzatore con cui di persona ho preso accordi, che ha promesso la nostra partecipazione quest’estate al festival che gestisce, e che prima non risponde alle tue mail e poi cede il tuo posto all’amico di turno (da cui ancora attendiamo, come ci ha promesso, che rimedi al torto che ha contribuito a farci subire)?
E che dire del gestore che, con i componenti di un’altra band che ci accompagnava, era fuori dal locale a impedire alla gente di entrare durante il nostro concerto? Abbiamo scoperto che è stata una sua ripicca nei confronti di qualcuno vicino a noi: ma noi come band e come persone c’entravamo nulla. Basta con queste stronzate!
Non abbiamo la pretesa di piacere a tutti, ma pretendiamo di non essere presi per il culo. Basta con questa mancanza di serietà, di professionalità e di considerazione!
Nel comunicato citate gli ECNEPHIAS, che hanno in un certo senso “ispirato” la vostra decisione. Avete avuto modo di confrontarvi con altre band ormai non più di primo pelo come voi in merito a questa questione? Vorreste che tutte le band della scena adottassero un comportamento come il vostro? Non pensate che scelte del genere invece che sensibilizzare l’opinione pubblica e dare una scossa forte a promoter e gestori di locali, vada a liberare definitivamente la via alle band che criticate nel vostro comunicato?
Davide – Tra le persone con cui ci siamo confrontati le scuole di pensiero sono tante. C’è chi ha la possibilità di mettersi anche dall’altra parte, mosso dalle migliori intenzioni di cambiar le cose, ma da quello che ho visto o dura poco o viene assorbito dal sistema. C’è chi pensa che invece si debba continuare a suonare nella speranza che prima o poi le cose si sistemino da sole e si piega all’offerta tanto denigrata. In generale tutti si lamentano, pochi agiscono. Noi, per carattere, alla lamentela facciamo sempre seguire la riflessione e poi l’azione. Non vogliamo indottrinare nessuno: ognuno faccia quel che reputa meglio per sé. Ma siamo convinti che se tutte le band, vecchie e nuove, si imponessero per farsi rispettare, allora dall’altra parte ci sarebbe davvero paura e questa porterebbe a far riflettere profondamente rispetto a un cambio di rotta netto. Ma penso sia utopia: l’idea di non aver più occasioni di suonare dal vivo terrorizza chi fa musica; lo sappiamo bene. Inoltre per uno che leva le tende, sono pronti almeno in tre a prenderne il posto. Così troppo spesso si preferisce essere re del nulla nel proprio giardino piuttosto che fare scelte estreme. E allora sì, via libera a sfruttatori e sfruttati.
Tony – Io in un certo senso me lo auguro: che abbiano via libera, e poi promettimi che mi richiamerai e ne riparleremo! Ci sarà da ridere. Quando inizieranno a produrre dischi a costo zero, per vendere il loro lavoro a costo zero… Pensi che questo modo di operare porti da qualche parte?
Quando dite “quello che contano sono immagine, capacità mediatica…” fate un discorso generale, oppure vi riferite a qualche band/artista/promoter in particolare ? Pensate che anche la scena metal sia ormai stata attaccata dal business della “musica usa e getta” al quale hanno portato, fra le altre cose, i talent show che ormai imperversano su tutte le reti televisive?
Davide – Quando in una forma d’arte fai entrare elementi ad essa estranei, per come vanno ai giorni nostri le cose spesso crei un ibrido infestante. In musica ormai tutto è sempre più visuale e sempre meno uditivo. Contano l’abbigliamento nelle foto promozionali; la posa che ti dai su un palco; quanto riesci a fare lo sborone, magari suonando con lo strumento dietro la testa; quanti like ha il selfie del tuo chitarrista mentre è sul cesso a cagare. E la qualità della musica che fine ha fatto? Il suo messaggio? Giustifico in parte i giovanissimi: devono crescere sia come persone che come musicisti. Più patetici quelli che sono in giro da più tempo, che si piegano a questo genere di cose. Sarò presuntuoso, ma non riesco a prenderli sul serio e li qualifico come “prodotto”, nel senso letterale del termine.
La nostra formazione è quella della non-immagine del thrash anni 80 (non il revival attuale che ha fatto di quel messaggio l’ennesima stereotipata moda) e della prima ondata estrema di inizio anni 90. Ai tempi quello che contava era la musica. Esprimevano quello che avevano dentro, condivisibile o meno che fosse. Punto. Anche noi per promuoverci abbiamo le nostre pagine in rete, ma non passiamo le giornate a caccia di visualizzazioni. Il metal e la musica in generale da troppo tempo sono diventati usa e getta, e non solo perché ormai non si vendono più album. Poche nicchie si salvano dal fenomeno “visual”. Tutto troppo a portata di mano. Si è puntato più sulla quantità che sulla qualità: la musica ne ha perso e questo è il risultato. Col nostro comunicato ci riferiamo a tutti e nessuno in particolare. Inutile fare nomi….sarebbero troppi. La scena è moribonda!