In quindici anni è cresciuta, si è consolidata, fino a diventare un polo di attrazione senza paragoni per il pubblico del rock di qualità, e non solo. Primavera sound, a Barcellona, è il festival dove andare, esserci, vivere ore e ore di musica per una formidabile esperienza sensoriale. Sì, perché con la cittadella creata e costruita direttamente sul mare, ma a pochi minuti dal centro, la manifestazione si conferma un perfetto punto di equilibrio per lo spettatore affamato, per i semplici curiosi, Per gli addetti ai lavori e per gli stessi musicisti. (Credits Foto: https://www.facebook.com/primaverasoundfestivals)
Quasi trecento concerti in tre giorni, molti in sovrapposizione con la necessità di scegliere, gli incontri professionali, una organizzazione perfetta, sono gli ingredienti-base di Primavera sound. Dove la prima giornata ha visto alcuni appuntamenti ai vertici della spettacolarità e dei contenuti, davanti a una folla in perenne migrazione tra la decina di palcoscenici, stimabile in oltre cinquantamila unità: muniti di braccialetto identificativo ci si muove dal pomeriggio fino a notte fonda per un flusso di colonna sonora continuo e di facile fruizione.
E quel che sorprende sono anche le scelte della direzione artistica, che prescindono dall’ovvio e da tanti nomi di successo, privilegiando una visione anche difficile, per nulla scontata, piuttosto degli specchietti per le allodole: in uno spazio perfetto come l’Auditori Rockdelux si sono succeduti i musicisti d’avanguardia di Arthur Russel Instrumentals, Panda Bear e Hans Joachim Roedelius, un menù già di suo intrigante e gustoso più che mai.
Tra i preferiti del giovedì barcellonese: i Giant Sand, in formazione allargata a otto elementi, con il vecchio Howe Gelb sempre esemplare nel tracciare il suo suono desertico, Sun Kil Moon, nei prossimi giorni anche in Italia, eccellente nella scomposizione delle sue ballate che qualcuno sta conoscendo anche attraverso la soundtrack di “Youth” film di Paolo Sorrentino. Divertenti e piacevolmente fuori contesto Sierra Leone’s Refugees All Stars, per i quali parla da solo il nome prescelto, laddove ribadiscono l’importanza di carriere lunghe vari decenni sia Thurston Moore con la sua band, sia i Replacements, mentre davanti a un mare di folla, quando il Primavera Sound piega verso la notte, ecco Chet Faker, facile e comunicativo con un’agile miscela electro, Anthony and the Johnsons, troppo sottili e raffinati per una platea così vasta e fisiologicamente distratta, rumorosa, e Black Keys, sugli standard attesi, ancora efficacissimi con il loro blues saturo, crudo, a presa rapida.
Tra le possibili scoperte, da tenere nel mirino per la prossima stagione, Twerps e soprattutto Siberian Wolves, un duo spagnolo dai suoni e dalla verve espressiva singolari. Italia poco rappresentata, ma con onore: Fabrika, the Shalalalas e Denis the Night and The Panic Party, spiattellati su diversi palchi, non hanno sfigurato.
Oggi la seconda giornata, mentre in città calano anche Ac/Dc….(suoneranno all’Estadi Olimpic Lluis Companys, ndRedazione)
Grazie a Enzo Gentile