Il suo disco d’esordio, “L’Importante è crederci”, è uscito il 29 giugno. Abbiamo colto l’occasione e scambiato quattro chiacchiere con Silvia Tancredi, giovane cantante con la passione per il gospel e un notevole percorso di studi musicali alle spalle. Ecco i suoi pensieri.
L’importante è crederci è solo un titolo o anche un motto, uno stile di vita che nasce da esperienze pregresse magari difficili?
L’importante è crederci è stato il motto che mi ha guidata durante questa esperienza. Nata come ritornello per una song, che in seguito è diventata la title track dell’album, è stata la frase che mi sono ripetuta più volte, e che continuo a ripetermi soprattutto nei momenti più difficili. Le mie esperienze di vita mi hanno portata a credere profondamente che i nostri desideri, le nostre aspirazioni vanno nutrite e coltivate, penso siano un po’ il sale della vita.
Quali sono le tue influenze musicali che ti hanno formato? Quali hai voluto incorporare nel tuo sound e metterle in luce nel tuo disco d’esordio?
Sono innamorata della musica black americana, dalle sue origini fino agli sviluppi attuali, e con ciò intendo dire il gospel, il blues, il soul, il jazz, l’ R&B… Non solo, ho studiato anche la musica degli anni ’60, quella d’autore italiana, ma anche gli autori classici della musica eurocolta. Nel disco, principalmente è il background black ad emergere, guidato dalle caratteristiche timbriche e le sonorità della mia voce, riviste e rielaborate secondo la mia sensibilità e quella di chi ha lavorato con me. Ecco perché oltre all’italiano ho scelto la lingua inglese per esprimermi; le influenze che emergono maggiormente credo siano il frutto dei generi che hanno accompagnato la mia esperienza musicale fino a qui.
Quali sono state le tue esperienze musicali pregresse alla pubblicazione di questo nuovo disco? Quale ricordi con maggiore piacere?
Ho lavorato in veste di vocalist, sia in studio che dal vivo, viaggiando negli anni attraverso generi più apparentemente distanti, fino a collaborare con diverse formazioni gospel italiane ma anche con artisti americani. Questa passione per il gospel mi ha portato a confrontarmi con un’importante interprete della musica italiana come Milva che ho accompagnato durante il 57° Festival di Sanremo. Indubbiamente quest’ultima è stata una delle esperienze più significative del mio percorso. Negli anni ho avuto la possibilità di cantare in teatri importanti, uno fra tutti il Teatro Regio di Torino, di cui ricordo il fragoroso suono degli applausi.
Quanto l’Università della Musica di Roma ti è servita per raggiungere questo traguardo?
L’Università della Musica è stata una tappa del mio percorso formativo, importante ma forse meno significativa di altre. L’ambiente musicale che ho respirato mi ha portato ad approfondire alcuni aspetti della vocalità jazz, genere che mi ha affascinato ma non identificato nella sua pienezza. La formazione ritengo sia fondamentale per ogni artista, e quindi se dovessi tornare indietro rifarei comunque questo tipo di esperienza.
Che parere hai della musica italiana? Che ne pensi dei talent show quale veicolo promozionale prioritario adottato dalle labels negli ultimi due anni?
La musica italiana oggi riflette quello che è il periodo storico che stiamo attraversando, un momento particolarmente travagliato, di passaggio sicuramente, ma anche ricco di stimoli e desiderio di innovazione. Ritengo che noi giovani generazioni abbiamo la possibilità e in alcuni casi forse il dovere, di pensare e creare un rinnovamento di un sistema, l’industria musicale, che ha mostrato momenti di profonda crisi. Come ogni periodo di passaggio, ritengo che solo chi avrà il coraggio di investire nel nuovo e nella qualità, riuscirà ad approdare una volta quietata la tempesta. Indubbiamente i giovani talenti necessitano di visibilità, ed i talent show, su cui tra l’altro sto scrivendo la mia tesi di laurea specialistica, possono offrirne molta. La visibilità deve però essere supportata dalla presenza di un progetto vero, con professionalità e preparazione a supporto. Purtroppo spesso queste due caratteristiche non sono presenti ed è per questo motivo che credo che a volte siano fenomeni di breve durata.
Bell’intervista ad un artista molto interessante 🙂
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