Terza data italiana per i Sepultura, ospiti del Circolo Magnolia di Segrate (Mi) il 27 luglio 2015 con il loro “30th Anniversary Tour”. L’atmosfera è delle migliori, aria quasi fresca, poca ressa, rilassatezza insomma, il che non è poco di questi tempi. Ben tre opening act fanno decollare la serata, ingranando la marcia giusta prima degli headliner.
Ci tengo a precisare che per me è stato il primo concerto dei Sepultura e sinceramente non sapevo cosa aspettarmi, nel bene e nel male. Mi sono preparata al live con una calma zen che di norma non mi appartiene ma in questo caso, devo ammettere che è stata la mossa giusta. Questo atteggiamento mi ha aiutato a godermi il concerto senza dover per forza fare dei paragoni forzati con il passato, i fratelli Cavalera, i Soulfly o i Cavalera Conspiracy. Anche perché è stato un set mostruoso: viscerale, appassionato, sentito da entrambi le parti.
Come suggerisce il nome stesso del tour, e come ha ribadito più volte nel corso della serata il colossale vocalist/percussionista Derrick Green, i riflettori sono puntati su tutta la storia della band brasiliana: passato, presente e futuro, strizzando l’occhio in particolar modo ai fasti di un tempo, che continuano a brillare di luce propria anche dopo quasi trent’anni di vita. Infatti in rappresentanza dell’ultimo album dei Seps, “The Mediator Between Head and Hands Must Be the Heart”, viene presentata solo “The Vatican” in apertura, giusto per rompere il ghiaccio.
I quattro sembrano in ottima forma e sanno divertirsi e soprattutto far divertire. Il chitarrista Andreas Kisser ci crede davvero e lancia plettri a profusione, scatenando la ressa tra chi vorrebbe accaparrarsene almeno uno come trofeo della serata. Paulo Jr. non si stacca un secondo dal suo fidato basso e se la ride pure tutto il tempo: bravo, mai perdere l’entusiasmo. Il piccolino della famiglia, il ventiquattrenne Eloy Casagrande, sembra essere a suo agio con i suoi compagni (molto) più grandicelli, tanto da improvvisare una bossanova in onore della patria lontana.
Ma tornando alla scaletta, non si potrebbe davvero chiedere di più: “Chaos A.D.” è la release più celebrata come numero di pezzi estratti, ma non mancano brani del calibro di “From the Past Comes the Storm”, che fanno la gioia dei veri intenditori, e “Choke”, che Green presenta come farebbe un padre orgoglioso della propria creatura. Come da buona tradizione, i nostri riescono a inserire un bel paio di cover (“Polícia” dei brasiliani Titãs e “Orgasmatron” dei Motörhead) prima della chiusura e dell’encore che spara gli ultimi micidiali colpi in canna, da “Bestial Devastation” a “Roots Bloody Roots” transitando per la danza voodoo di “Ratamahatta”.
Passano gli anni, i musicisti in line-up e gli album più o meno fortunati, ma i Sepultura che ho visto ieri sera sono dei grandi animali da palcoscenico, e regalano emozioni. Di certo siamo tutti tornati a casa con un bel sorriso stampato in faccia e il collo dolorante, che poi, alla fine, è l’unica cosa che conta davvero.