A circa due anni di distanza dalla pubblicazione del loro primo disco ufficiale, “How I Learned To Stop Worring And Love The Bong”, i King Bong si sono rinchiusi in uno studio di registrazione, si solo lasciati andare totalmente all’improvvisazione, e ne sono usciti con “Alice in Stonerland“, disponibile gratuitamente per il download dalla loro homepage. E a questo giro, quando si parla d’improvvisazione, la si deve intendere nel suo senso estremo. Infatti, come loro stessi precisano, né i riff né le ritmiche né gli accordi sono stati scritti prima di suonare. Nessun canovaccio, solo il continuum del flusso sonoro.
Poco più di mezz’ora, suddivisa in cinque tracce contraddistinte da tempi elastici e continui capovolgimenti di fronte, dense di onirismo ipnotico, in cui l’amalgama sonoro creato dai tre musicisti vi avvolgerà completamente, portandovi con se e la piccola Alice, caduta nella tana del bianco ‘rabbioso’ coniglio, attraverso il mondo colorato all’LSD di Stonerland, in un trip fra fumosi intrecci di basso e batteria, funamboliche armonizzazioni chitarristiche e valli oscurate dalle nubi. Ma attenti! Non si tratta di una mera riproposizione del lavoro precedente. In “Alice In Stonerland” i King Bong hanno pensato bene di aggiungere un più marcato tocco funk al loro sound, come la terza traccia, “I Say, You’ll Never Get High That Way”, testimonia ampiamente. E se ascoltandola penserete a Funkadelic, Sly And The Family Stone e Prince, non preoccupatevi, poiché sarete nel giusto. Da incorniciare anche gli effetti elettronici delle percussioni.
Gli accoliti del Re Bong sono tornati, e a quanto pare ne hanno in serbo delle belle, quindi continuate a seguire le loro mirabolanti imprese.
Che il bong sia con voi.
Corrado Riva