Il tempo passa e si cresce, inesorabilmente. Le rughe e i capelli bianchi colorano volto e capo. Il peso delle idee che mutano forma, mi piace esprimerle così. Si diventa più responsabili inevitabilmente. Così come inevitabilmente, arrivi al punto in cui ti guardi allo specchio e cerchi di capire se in ciò che promuovi e dici, tu ci credi ancora e davvero. Questa è la presa di coscienza dei Ministri che a due anni da “Per un passato migliore”, tornano con “Cultura Generale”. Un ritorno ancor prima delle origini per la band meneghina, verrebbe da dire (ce lo ha detto Dragogna oltretutto).
Un disco registrato in presa diretta, senza fronzoli e mastering taglia e incolla complessi. Less is more è il caso di dirlo, mai come in “Cultura Generale” tale concetto risulta concreto e palpabile. Traccia per traccia percepisci piccoli echi di atmosfere e imperfezioni minime che danno al disco il taglio di Unicum. Potevano fare meglio di così? No, Cultura Generale risulta un album perfetto nelle sue imperfezioni. Il tempo che scorre nelle vene dei tre meneghini si percepisce dal modo di approcciarsi e suonare: sono brani senza sovrastrutture quelli proposti dalla tracklist, ed è grazie a questo che si denota la maestria del singolo nel suonare il suo strumento di provenienza. Oltre ovviamente al cuore di una band ormai collaudata da anni, ma che mai come ora risulta essere affiatata al punto che la mancanza di uno dei tre farebbe cadere l’intero castello.
I testi sono firmati da Dragogna, eccezion fatta per tre pezzi scritti insieme a Divi. Si tratta di brani densi, come sempre, di sotto testo e messaggi reconditi. L’ascolto multiplo, se si vuole percepire il midollo del concetto, è atto dovuto. Ciò che si percepisce subito, però, è che la voglia di urlare viene sorpassata dalla maturità di saper esprimere un concetto chiaro, duro da digerire, talvolta crudo, a bassa voce; Cultura Generale, il brano che da il titolo al disco, è il simbolo di quanto appena esposto. C’è il tempo per gridare la rabbia (Idioti), non fraintendetemi, ma è più un’eccezione che la regola. Ci sono le generazioni che vivono da signori su macchine sportive e quelle sabotaggio, che entrano in collisione e a confronto. Non vi è mai una critica aspra, semplicemente un modo di descrivere qualcosa, uno status quo (Macchine Sportive), una way of life (Vivere da Signori).
C’è l’esser concepito sempre come quel guastafeste in un paese che non vede il suo cambiamento, dove basterebbe chiudere le porte per stare meno male (Sabotaggi, Cultura Generale e Le porte). Ci sono i ricordi di una vita che ti segnano (Io sono fatto di neve) ma c’è anche spazio, per la prima volta davvero, all’amore (Lei non deve stare male mai). Il brano che forse maggiormente (Mi) stupisce per dolcezza e tematica trattata, indice che i tempi cambiano e le vite crescono.
Cultura Generale non è solo un bel disco, è un gran disco che si va a stagliare contro le band di urlatori tanto in voga al momento. Segno dei tempi maturi, in cui non sono solo le giacche a caratterizzare il trio meneghino. Forse, per la prima volta davvero, i concetti espressi, le immagini vivide, il sussurrio di una voce, le atmosfere calde, quel rock mai sfacciato ma dosato da anni di palchi su e giù per lo stivale, sono i segni particolari di una band che indubbiamente ha segnato e continua a scrivere la storia di una parte di discografia italiana (e verrebbe da dire, grazie a Dio).