Arcade Fire, Richard Parry: i nostri dischi sono come romanzi

Quando si parla dei “doveri delle star” non si sa mai, fino in fondo, cosa si intenda.
Uno de “I doveri delle star” è rilasciare interviste, quindi può capitare che, appena sceso dal tourbus, tu venga preso sottobraccio e portato in un angolino a rispondere alle domande di un illustre sconosciuto senza poterti opporre, perché è nei tuoi doveri.

La mia vittima è Richard Parry, il rosso, l’uomo che ha fondato i Bell Orchestre. Chiaccheriamo mentre Win Butler gioca a ping pong: metà delle nostre energie saranno spese a recuperare la loro pallina, fatalmente attratta dalla nostra postazione.

Anche “The Suburbs” può essere considerato un concept album esattamente come “Funeral” e “Neon Bible”? Sembra quasi che voi non concepiate mai un disco come una serie di racconti, ma più come un romanzo.
Senza dubbio.
I testi li scrive tutti Win, e tende a scrivere un po’ di pezzi prima di portarli in studio. A volte l’idea è chiara dall’inizio, a volte invece ci accorgiamo alla fine di avere seguito un unico filo conduttore.

In questo caso, quando avete deciso il tema?
Molto presto, sapevamo già da molto tempo che questo album si sarebbe chiamato “The Suburbs”. “Funeral”, invece, era diventato “Funeral” alla fine delle registrazioni, quando ci siamo accorti delle parole ricorrenti che c’erano dentro, tutte sullo stesso tema.

Anche nel vostro nuovo album ci sono molti versi ricorrenti, fra una canzone e l’altra.
Sì, principalmente per stabilire una connessione fra un pezzo e l’altro, abbiamo cercato di farlo scorrere liscio come se fosse un pezzo unico, quasi.

Un pezzo unico su com’era vivere nei sobborghi di una città, dalle vostre parti.
I pezzi del vostro nuovo disco sono molto diversi da quelli vecchi, lo avete fatto anche per rispecchiare maggiormente l’atmosfera di quello che raccontate?
Sì, volevamo anche qualcosa che suonasse più “Eighties”.

Quanto avete cercato di svincolarvi dalla presenza di Owen Pallett, per quanto riguarda gli arrangiamenti?
Owen ha lavorato anche nel nostro ultimo disco, ma abbiamo cercato di essere meno ridondanti, meno barocchi e più rock’n’roll.

Rock’n’roll come i sobborghi, appunto, quando ci vivi da ragazzo.
Sì, ecco, volevamo qualcosa che sapesse di ribellione adolescenziale.
Non abbiamo mai definito veramente quali suoni dovessero avere i pezzi in base al tema che avremmo trattato, anche se poi di fatto è stato sempre così.
In questo caso ce ne siamo venuti fuori con l’idea della ribellione adolescenziale e contemporaneamente con quella di fare un disco più rock. Le idee a volte si sposano l’una con l’altra senza che ce ne si renda conto.

Di sicuro i temi sono estremamente nuovi, per voi. Se il primo disco era il disco del primitivismo, del ritorno all’infanzia, e “Neon Bible” quello della critica sociale, qui sembrate più che altro preoccupati. Per la prima volta non siete né visionari, né rabbiosi, ma piuttosto preoccupati.
Sì, siamo un po’ bloccati a metà fra le due sensazioni, preoccupati nel vedere come stanno crescendo i ragazzi di adesso e preoccupati anche per quelli che sono gli adulti di adesso, quelli che hanno in mano il potere. Siamo solo più vecchi, probabilmente.

Ho visto il vostro nuovo video, è bellissimo.
Vero?

Sì, e poi funziona con la mia via, ho un’amica che è cresciuta in un posto sperduto e le immagini sono molto poco definite, campi su campi.
Oh, sì, è vero. La cosa più bella capita a quelli la cui via non esiste più, le immagini si vedono lo stesso, quindi diventa un vero viaggio nei ricordi, in cui tutto è completamente diverso da come si vede ora. Questo è esattamente il punto, la nostalgia.

E’ il terzo video nel quale prediligete l’interazione, sono i registi che ve lo propongono o è più una vostra idea costante?
Il fatto è che l’idea a noi piace tantissimo, ma nessuno di noi è programmatore, quindi chiamiamo delle persone a farlo al posto nostro.
Ci sembra il modo più ovvio di fare video per internet. Ai nostri giorni fare i video nel vecchio modo, nel modo televisivo, che poi la gente in televisione non li vede e li guarda su youtube, non ha più molto senso. Non dico che sia il modo sbagliato, ma di sicuro non è il metodo più innovativo.

Siete fra i pochi che l’hanno capito, però.
Sì, quel video è stato incredibile, tutti hanno voluto provare a farlo, a scrivere le cartoline. Quella è la parte più commovente.

Un’altra cosa che avete fatto, ed è altrettanto interessante, è stata stampare le copertine del disco in otto modi diversi. Siete molto attenti al lato prettamente estetico dei vostri lavori.
Sì, più che altro, abbiamo i mezzi per poterci permettere un po’ di sana sperimentazione, possiamo chiederci: ”Perché No?”, non sono cose che costano molto, ma fanno la differenza.

Francesca Stella Riva

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