È un universo musicale eclettico quello di Fabio Curto, ventisettenne cantautore e polistrumentista calabrese da anni di stanza a Bologna, con alle spalle una storia da artista di strada (ma anche da compositore, cantante e bassista black metal), in tasca la vittoria di The Voice of Italy 2015 e oggi al debutto discografico con l’eponimo album, uscito il 16 ottobre via Universal. Sette brani, tre inediti e quattro cover, che fanno da ponte tra il talent e un contesto discografico all’interno del quale Fabio, autore e musicista, sta ancora cercando il proprio percorso.
Per quanto riguarda le cover, “abbiamo scelto quelle che sono state i colpi vincenti in trasmissione”, ha spiegato Curto venerdì in conferenza stampa a Milano, “quindi “Take Me To Church” di Hozier, “The Scientist” dei Coldplay, il primo brano in cui ho utilizzato la chitarra, che da quel momento in poi ha contraddistinto la mia immagine fino alla finale, e “Hallelujah” di Leonard Cohen”, il suo cavallo vincente. “Poi, pensando ad un brano in italiano che avesse lo stesso spessore di “Hallelujah”, è arrivata “Emozioni”. Roby è andato in visibilio quando l’ha sentita e con l’aggiunta del quartetto d’archi il pezzo è venuto fuori molto bene, quindi ci è sembrato doveroso inserirlo nell’album”.
I tre inediti invece, come sottolineato dall’artista, sono “tre esperimenti, che dovranno suggerire la direzione da prendere in futuro”. Si parte da “L’ultimo esame”, pezzo portato in finale nel talent e scritto con Simone Bertolotti, Emiliano Bassi e L’Aura, “un pezzo emozionale ma dal piglio rock”, per arrivare a “Tu mi fai impazzire”, “brano pensato per l’estate e che avevo nel cassetto da tanto tempo per un altro progetto, un’orchestrina balcanica nella quale suonavo prima di The Voice. L’idea iniziale, quindi, era quella di un arrangiamento balcanico, invece poi abbiamo deciso di dargli questa piega un po’ Anni 60”. A chiudere il tris di inediti è, infine, il singolo che ha anticipato il disco, “Non mi assolvo”, scritta da Stefano D’Orazio e composta da Roby Facchinetti, coach di Fabio nel talent e suo vero e proprio mentore. “Roby aveva questo pezzo, che aveva pensato proprio per la mia voce e che vivo come un dono molto generoso”, ha raccontato Fabio. “Inizialmente gli avevo dato un testo provvisorio in inglese, mi piaceva la resa del brano in inglese, in una versione senza batteria, molto ambient e con Bertolotti avevamo proprio iniziato a lavorarlo così. Poi però abbiamo pensato di provare i due testi in italiano scritti da Stefano, uno dei quali ci è piaciuto particolarmente e sul quale abbiamo iniziato subito a lavorare. Roby poi ha spinto il pezzo in una direzione più rockettona”.
Quale sarà il futuro di Fabio Curto “è ancora troppo presto per dirlo”. Fatto sta che il cantautore calabrese ha già moltissimo materiale inedito scritto prima di The Voice e in inglese, lingua, anche a suo dire, più congeniale alla sua vocalità rispetto all’italiano. Tuttavia, “ciò non significa necessariamente che il prossimo album sarà in inglese, anche se a me piacerebbe. Potrebbe anche essere un misto di italiano e inglese, perché no, lo ha fatto Lorenzo Fragola…”.
Parlando di quello che potrebbe essere il suo percorso ideale, poi, il cantautore calabrese ha confessato: “spero di poter continuare la collaborazione con Simone Bertolotti, che mi è stato vicino sotto tutti i punti di vista come produttore, sempre fedele alla linea e capace di capire cosa funzionasse meglio su di me e fosse più vicino ai miei gusti. Se così sarà, il prossimo progetto potrebbe essere molto interessante”. Intanto, però, Fabio sta ripensando il materiale tenuto nel cassetto, dandogli una forma “più logica, più solida. Due anni fa non mi interessava avere il ritornello a 1 minuto e 15, adesso per certi versi è anche una necessità. Il mio pubblico si è ampliato e se da un lato ci sono tanti che mi vorrebbero vedere più folk, dall’altro ce ne sono altrettanti che prediligono la linea in italiano di “L’ultimo esame” e “Non mi assolvo”. Dal canto mio in questo momento mi sento pronto ad affrontare il discorso migliore, facendo combaciare gli interessi e i gusti dei fan. Se c’è una cosa di cui non ho paura è di rovinare la mia identità musicale, non ho fretta di fare l’album della mia vita, quello che mi interessa è fare buona musica e di limiti non me ne pongo. Sicuramente sono molto legato al blues, al country e al folk americano, ma anche le sperimentazioni elettroniche mi interessano molto. Ecco, se dovessi sbilanciarmi, direi, che mi piacerebbe fare un percorso come quello di Ben Harper, che ha fatto tanta musica diversa, ma senza compromettersi”.
Una cosa di certo rimarrà invariata, ossia, il connubio voce e chitarra, strumento che Fabio ha suonato anche nell’album e che si porterà dietro nei progetti futuri: “quella è un’immagine che mi appartiene moltissimo”, ha confessato, “anche perché mi ha reso indipendente in questi anni. Presentarsi sul palco con la chitarra e suonare e cantare un pezzo, indubbiamente, ti rende un performer completo”.