Molto probabilmente siamo giunti al super gruppo hard rock definitivo: scordatevi i Firm, i Chickenfoot e tutti quelli che ci hanno provato nel tempo (anche con ottimi risultati proprio come la band di Satriani e Sammy Hagar), perché qui il livello si alza incredibilmente.
Che Glenn Hughes, Joe Bonamassa e Jason Bonham potessero amalgamarsi a meraviglia vi erano pochi dubbi, la curiosità era legata soprattutto al buon Derek Sherinian, musicista incredibile ma forse meno “seventies oriented” rispetto ai compagni di avventura. Il protagonista assoluto, in ogni caso, rimane l’ex leader di Deep Purple e Black Sabbath, tornato ad urlare in studio come non lo si sentiva da tempo…
Ciao Glenn. Hai dichiarato che i Black Country Communion sono nati per caso, senza programmare nulla, in modo totalmente spontaneo. Dobbiamo crederti?
Certo che devi credermi, amico mio. Una sera, per puro caso, io e Joe ci siamo trovati a suonare dal vivo sullo stesso palco e la risposta del pubblico è stata a dir poco entusiasmante! La cosa ci ha fatto riflettere e ha fatto sì che ci dessimo un appuntamento per riparlarne. Tutto è nato da lì, poi contattare Jason e Derek è stato immediato, quasi naturale e si è creato qualcosa di incredibile.
L’album in effetti è pazzesco. Le canzoni sembrano uscite dagli anni ’70 e tu urli come un ragazzino!
Ti ringrazio, i complimenti fanno sempre piacere. E’ un album di classico, tradizionale, potente rock. Niente di più e niente di meno. Era quello che volevamo fin dall’inizio: inserirci nella lista dei grandi gruppi di questo genere.
Credi che i super gruppi siano il futuro del classic rock?
Forse, ma se si facesse solo per moda diventerebbe inevitabilmente sterile. Credo che a volte, soprattutto dopo carriere importanti, possa scattare una scintilla particolare in situazioni di questo genere. Non è una casa semplice, però. Pensa a quanti super gruppi non hanno sfondato o hanno fatto pezzi non all’altezza della somma delle loro parti..
Chi ha scritto le canzoni dell’album e di quale siete più orgogliosi?
Il gruppo ha chiesto espressamente a me di essere il song writer, quindi ho accettato ben volentieri. Tutto è iniziato qualche mese fa, mi trovavo in Centro America e mi sono nate nella testa improvvisamente quattro canzoni che non erano né funk, né altro, ma semplicemente hard rock. L’incontro con Joe, di cui ti dicevo, ha fatto il resto. Sulla canzone non ho dubbi: “Black Country”. E’ la nuova “Burn”, la nuova “Immigrant Song”, insomma non la dimenticherai molto in fretta! Questa è la terra da dove vengo io, da dove viene Jason, ma anche i Judas Priest e i Black Sabbath. Una terra di lavoratori, di operai, di grande fatica che non può non rimanerti dentro tutta la vita.
Insomma, hai riscoperto l’hard rock dopo la svolta degli ultimi tempi…
Hai ragione, può sembrare così. Anche se in realtà la mia carriera è fatta proprio in questo modo, con ritorni improvvisi verso un genere e poi nel successivo album tutt’altro. Comunque per ora non ho intenzione di cambiare rotta (ride)!
Quindi possiamo aspettarci anche qualcosa col tu amico Tony Iommi? Trovo che alcuni pezzi dell’album ricordino proprio il song writing di “Fused”…
Assolutamente sì, lo credo anche io! Io e Tony ne abbiamo parlato anche recentemente: non sappiamo né come né quando precisamente, ma è sicuro che torneremo a lavorare in coppia. Siamo amici da tantissimi anni, è una persona semplicemente splendida.
Recentemente avete suonato insieme per ricordare Ronnie. Se dovessi utilizzare un solo aggettivo per descriverlo quale sarebbe?
Loving.
Recentemente i Deep Purple hanno fatto l’ennesimo mini tour nel nostro paese..In quel periodo so che eri in Italia, avresti potuto fare loro una sorpresa e salire sul palco…
No no non dirlo nemmeno per scherzo! Non avrebbero mai voluto vedermi sul palco con loro, credimi! Non posso dirti il motivo, voglio tenerlo per me, ma posso dirti che non avrebbero gradito.
Nel disco è presente anche una cover di Medusa dei Trapeeze. Tempo fa ho letto che entrasti nei Deep Purple per motivi economici, ma che i Trapeeze erano un’altra cosa, musicalmente parlando. E’ vero?
Assolutamente sì, l’ho detto e continuo a credere che i Trapeeze siano sottovalutati rispetto a quello che hanno fatto per la musica degli anni ’70. “Medusa” era il nostro pezzo preferito da John Bonham. Era anche logico che con i Deep Purple sarei riuscito a campare di questo lavoro e in quel momento non me la passavo molto bene economicamente…Ciò non toglie, però, che l’alchimia nata in quella formazione ha creato cose mai sentite prima.
Luca Garrò