Credo di essere l’unica persona al mondo che riesca a godersi gli attuali Drowning Pool. Molti li infamano, accusandoli di banalità, ripetitività e paraculismo…quando poi, gli stessi molti, smandibolano per Five Finger Death Punch e nuove (?) leve assortite. Posto che ognuno si ascolta ciò che desidera, era già chiaro dal precedente (figo) Resilience che la band di CJ Pierce avesse intrapreso una nuova strada.
Strada che non contemplava strascichi nu-metal e che, anzi, puntava tutto su metallo moderno e frontale d’impatto, con riffoni Godsmack-iani e velocità più sostenute rispetto al passato. L’innesto di Jasen Moreno dietro al microfono ha garantito ai Nostri la possibilità di avere uno che avesse davvero fame, e che potesse sbraitare o essere maggiormente melodico nei momenti giusti.
Hellelujah è la prosecuzione di Resilience, nel modo più tamarro e caciarone possibile. Push, My Own Way e Stomping Ground siano da esempio del nuovo livello di testoterroneria che i Drowning Pool hanno raggiunto nel 2016. Vero, il giochino a lungo andare risulta scontato, anche perchè di ritornelloni ficcanti ce ne sono pochi (ma quando ci sono ci si gasa, vedi Meet The Bullet). Ma c’è tanta cazzimma e voglia di suonare quello che sanno, senza necessariamente provare a ripetere all’infinito il clamoroso Sinner, o tanto meno cercare fortuna ammorbidendosi e snaturandosi.
Questi sono, questi rimangono. L’attitudine alla fine è anche questo.