Dopo il concerto al Circolo Arci Magnolia di giovedì, venerdì 8 aprile Frank Turner & The Sleeping Souls arrivano al New Age Club di Roncade per la loro seconda ed ultima data italiana. Che dire? Turner da sempre il massimo, e il suo italiano migliora di concerto in concerto.
Ad aprire la serata ci sono i Ducking Punches, folk punk rocker di Norwich, UK, che aiutano ad entrare nel mood della serata con diversi brani interessanti come “It’s Been a Bad Few Weeks” e “Big Brown Pills From Lynn”.
Poi si parte in quarta, con Sleeping Souls a coadiuvare Frank Turner su alcuni brani della produzione più recente: “Get Better” e “The Next Storm”, tratte da “Positive Songs For Negative People” dello scorso agosto, e “Plain Sailing Weather”, uno dei migliori pezzi del precedente “Tape Deck Heart”. I due album più recenti sono tra i più suonati dal vivo, ma non mancano gemme tratte da “England Keep My Bones” come “I Still Believe”, “If Ever I Stray” e “Eulogy”, come da tradizione adattata nella lingua del Paese dove si tiene il concerto. Il risultato è sempre d’effetto e divertente, in particolare il passaggio «Non tutti possono essere Freddie Mercury», che in italiano diventa Piero Pelù. A metà serata la band lascia temporaneamente la scena al cantante, per un set acustico. Il locale non è pieno, ma l’energia non manca: il pubblico canta, balla e poga, e Frank non si risparmia. Alla fine, arriva anche il tuffo sul palco, prima di concludere la serata sulle note di un brano che non mi stupirei se fosse stato scritto appositamente per la chiusura dei concerti dal vivo: “Four Simple Words”, che con i suoi elementi prima delicati poi esplosivi racchiude alla perfezione l’essenza di quanto appena ascoltato.
Sempre toccante è “Long Live The Queen”, mentre fa piacere ascoltare un paio di tracce ripescate da “Poetry Of The Deed”: “The Road”, e “Try This At Home”, di ottimo impatto live. È interessante notare come dal vivo, ancora più che su disco, molte canzoni assurgano a veri e propri inni fatti per essere cantati tutti insieme, o ancora meglio urlati a squarciagola con una birra in mano; si ritrovano i segni di una tradizione di musica fatta nei pub, dove la distanza tra il pubblico e la band è davvero minima.
Che suoni sul vostro stereo, nel locale sotto casa o a Wembley, Frank Turner è sempre una garanzia.