The Heavy Countdown #1: Amon Amarth, Walls Of Jericho, Blaze, Kverlertak…

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1
Amon Amarth – Jomsviking – Non ho mai capito la motivazione del successo degli Amon Amarth. Eppure i vichingoni sono cresciuti tantissimo negli ultimi anni, grazie a una proposta frontale e senza compromessi di melodic death nordico orgoglioso e impattante. Oggi, al decimo disco, gli Amon sono una band che mischia influenze classiche con (pochi) rimandi all’estremo (giusto il growl di Hegg), senza inventare niente (non lo hanno mai fatto) ma confermandosi come tra i pochi sopravvissuti di una scena che è crollata nel nuovo millennio. Non hanno più nulla da dimostrare i Nostri, in grado di occupare posizioni di prestigio nei festival esteri e di spararsi tour da headliner di tutto rispetto. E alla fine hanno avuto ragione loro. (p.s.)

2
Walls Of Jericho – No One Can Save You From Yourself – La scena hardcore underground riabbraccia la dolcissima Candace e i suoi compari, giunti al quinto disco da studio. Impatto, orgoglio d’appartenenza, coerenza e metalcore senza melodie inutili per i Walls Of Jericho, garanzia di Detroit che riesce nuovamente a regalare attitudine a tutti gli appassionati. Rispetto. (p.s.)

3
Blaze Bayley – Infinite Entaglement – Ridicolizzato oltre il necessario durante la sua era Maiden-iana (periodo in cui diverse canzoni erano veramente indecenti a prescindere dal suo cantato, vedere Virtual XI tracce 2, 6 e 7 per delucidazioni), Blaze Bayley ha proseguito dal 2000 in poi una carriera solista underground da rispettare senza alcuna discussione. Anzi, ha pure inciso due lavori ottimi di metal classico come Silicon Messiah e Tenth Dimension, che meriterebbero di essere conosciuti dagli ascoltatori più generici di Harris e compagni. Nel tempo poi ha fatto uscire con costanza album relativi, pieni di cuore, orgoglio e fedeltà verso una musica che realmente lo pervade e rappresenta. Il nuovo aggiunge zero a quanto già sentito più volte, e sarà una buona scusa per tornare in tour in ogni bettola possibile. A testa altissima in ogni caso. (j.c.)

4
Kvelertak – Nattesferd – Se ne fa un gran parlare in giro. I ragazzi sono giunti al terzo disco e, lasciate saggiamente da parte le velleità black metallose degli esordi, ora vanno di hard rock mischiato a metallo vintage. La formula funziona specialmente verso chi cerca qualcosa di trendy e underground allo stesso tempo. Ci stanno dentro per una festa e a un festival verso le 16. Poi basta però. (j.c.)

5
ANVIL – Anvil Is Anvil – Sedicesimo disco per i canadesi, esempio tra i più noti di come si possa continuare a fare la propria musica sbattendosene di tutto quanto succede intorno a te, inclusa la qualità effettiva della tua proposta. Dopo la botta di culo seguita dal documentario del 2009, in un’epoca in cui i crowdfunding per sopravvivere toccano anche a gruppi ben più famosi di quello di Lips, gli Anvil proseguono imperterriti a pubblicare nuova musica. Intendiamoci, la band ha detto tuttissimo già negli Ottanta, in ogni caso merita rispetto il loro crederci a priori, sempre e comunque. (p.s.)

6
Artillery – Penalty By Perception – Rivolti oramai verso sonorità più classicamente heavy, ibridate con le solite coordinate thrash, gli Artillery proseguono la loro nuova vita allontanadosi sempre di più da quel By Inheritance che dovrebbe fare bella mostra di sè in ogni discografia metallona che si rispetti. Nell’universo underground i danesi non sono mai stati dimenticati del tutto. Tuttavia oggi l’offerta è talmente ampia, che un lavoro sostanzialmente ineccepibile come questo, potrebbe passare inosservato senza problema alcuno… (p.s.)

7
Suicidal Angels – Division Of Blood – I greci li vidi sei anni fa prima degli Overkill a un concerto a Lione credo. Facevano tanto Sepultura dei Novanta rip-off. A oggi non sono cambiati. Thrashone vecchia maniera e tupatupa forever. Esclusivamente per gli appartanenti a questa schiera. (j.c.)

8
Grand Magus – Sword Songs – Roba per defender? Diciamo di sì, in generale roba buona per chi ancora crede nell’heavy metal grezzo e nelle birre a oltranza. L’ottavo (minchia se passa il tempo, il loro primo è del 2001) disco dei Grand Magus prosegue nella tradizione classica e del recupero dell’impatto essenziale e spartano della musica dura. Mid tempo cadenzati e talvolta manowariani per la gioia di tedeschi e similari. Per molti sarà una noia mortale. Ma va riconosciuto agli svedesi di crederci ancora tantissimo. (p.s.)

9
Assassin – Combat Cathedral – Classico disco di una band della sfiga che verrà pubblicato su ogni webza di settore con pareri discordanti. I tedesconi non hanno praticamente mai contato nulla nella scena thrash, ora provano a sbarcare il lunario con un nuovo cantante e un impatto decisamente frontale e iper aggressivo. Il lavoro in realtà è decente ma non aggiunge niente a quanto già sentito migliaia di volte. Provate Whoremonger e poi decidete se sentirlo in streaming o meno. (p.s.)

10
DevilDriver – Trust No One – Fafara risistema la band e continua a proporre le stesse cose di sempre. Coerente, per carità, ma il nuovo disco non regala sussulti. (j.c.)

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