Il Meazza è ancora caldo, tra palco, spalti e parterre scorre ancora l’elettricità del riuscitissimo concerto del 3 luglio 2016, la prima delle tre date italiane del “The River Tour” di Bruce Springsteen, che con la sua E Street Band, martedì 5 luglio 2016, ha replicato nell’atmosfera vibrante di un San Siro gremito.
Stesso posto e stessa ora, dunque, ma altro pubblico e scaletta, come da tradizione, imprevedibile. Puntuale sulla tabella di marcia la E Street Band sale sul palco, accolta dall’ovazione dei 60mila del Meazza, un boato all’arrivo del Boss, che salutata la sua gente, fa partire dalla sua Telecaster “Meet Me in the City”, regalando una chicca (alla prima esecuzione europea) già in apertura di uno show, che in 3 ore e 45 minuti non conoscerà cali.
La scaletta – 33 brani, tra cui solo 8 tratti da “The River” – è di quelle assassine, il paragone podistico andrebbe a parare sui 400 metri piani, altrimenti noti come giro della morte, proprio per la durezza dello sforzo richiesto. Col sole ancora alto su Milano, Springsteen inanella “Prove It All Night”, “Roulette” e la doppietta iniziale dell’album dell’80 celebrato in questo tour, “The Ties That Bind” e “Sherry Darling”, suonate una dietro l’altra prima di lanciarsi tra il pubblico del parterre.
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All’alba delle 67 primavere a Bruce non mancano certo l’energia e la voglia di celebrare il sacro fuoco del rock’n’roll e così lo vediamo correre da un estremo all’altro del fronte palco, stringendo mani, raccogliendo regali e richieste di pezzi in forma di cartelloni: “Spirit in the Night”, “Rosalinda (Come Out Tonight)” e “Fire”, sono i pezzi che il pubblico vorrebbe sentire e Bruce, pronti via, lo accontenta, con una generosità che nel corso della serata verrà ricambiata con calore e rispetto.
Si prosegue con l’intensità di “Something in the Night”, che saluta il giorno prima di calarsi in un trittico al fulmicotone con “Hungry Heart”, “Out in the Street” e “Mary’s Place”, un assaggio del party a venire, che va spegnendosi nel retrogusto al malto di “Death to My Hometown”.
Ci siamo, la notte avvolge il Meazza e tutto e pronto per il momento più toccante del live: “The River” accende i cuori e il cielo stellato della semplice ma suggestiva coreografia realizzata coi cellulari, che accompagna il pezzo. Dopo “Racing in the Streets”, è “Cadillac Ranch” a far ripartire la rumba e anche la gambetta di un Bruce in grande spolvero, che manda in visibilio l’intero stadio con un sinuoso movimento di bacino. “The Promise Land”, “I’m a Rocker”, “Lonesome Day” e “Darlington County” tengono alti i battiti, portando un pubblico in vena di baldoria in un viaggio dal sapore country, fino all’approdo di “The Price You Pay”, altro pezzo suonato su richiesta.
Sarà “Because the Night”, brano scritto dal Boss assieme a Patti Smith, a riportarci alle atmosfere più rock del finale prima del lunghissimo encore. La E Street Band intanto continua a macinare rock, solida e compatta, a sostegno di Bruce e degli strepitosi solo del sax di Jake Clemons e delle chitarre di Nils Lofgren, Steve Van Zant e dello stesso Springsteen, da brivido in “Streets of Fire”, alla prima esecuzione del tour. “Rising” e “Badlands”, chiudono la prima fase dello show in un’atmosfera epica, con San Siro che canta all’unisono e Bruce che si gode l’ovazione prima di uscire di scena.
Sarà una brevissima interruzione, perché di carne da mettere al fuoco ce n’è ancora tantissima. Rientrato sul palco con la band il Boss, indugia su “Backstreets”: “We swore forever friends on the backstreets until the end”, sussurra nel silenzio immobile di San Siro, mentre una lacrima, in ricordo degli amici di una vita che non ci sono più, si fa strada sul suo viso. Sarà l’unico momento intimista di un’encore votata al rock’n’roll, che incendierà il Meazza con “Born to Run”, “Dancing in the Dark”, accompagnata dal classico siparietto che pesca quattro persone dal parterre portandole sul palco a ballare e combinare altri disastri con Bruce e la band, “Tenth Avenue Freeze-Out”, “Bobby Jean” e le cover di “Seven Nights to Rock” di Moon Mullican e “Shout” degli Isley Brothers, ormai un classico dei live del Boss, eseguita in una versione lunghissima e scatenata, durante la quale il Boss inscena un attacco di cuore, con tanto di ingresso dei lettighieri, che lo caricano su una barella dalla quale si rialza per tornare a gridare con San Siro l’ultimo chorus del pezzo.
Siamo a 3 ore e 40 di concerto e praticamente non manca niente. Sì, alcuni pezzi storici sono rimasti fuori dalla scaletta, ma lo show ha funzionato alla grande e il sapore in bocca è dei più dolci. “Vi ringraziamo per due bellissime serate, vi amo Milano, vi amo San Siro”, dice Bruce in un italiano che, sebbene non perfetto, svela le sue origini, prima di chiudere solo sul palco, con una versione acustica, voce, chitarra e armonica di “This Hard Land”, il suo settimo concerto al Meazza.
Nel maggio nel ’74 Jon Landau (giornalista divenuto in seguito uno dei suoi più fidati collaboratori), dopo aver assistito a un live del Boss, scriveva: “Ho visto il futuro del rock and roll e il suo nome è Bruce Springsteen”. Quarantadue anni dopo, una cosa la possiamo affermare con certezza: Bruce Springsteen non ha mai smesso di onorare il palco e di impugnare chitarra e microfono con l’attitudine di chi sa di avere il privilegio, grande quanto la responsabilità che porta con sé, di raccontare a milioni di persone una storia. Una storia che è la sua, la nostra e, molto probabilmente, anche quella delle generazioni che verranno, una vicenda personale e universale, legata ad un qui e ora tanto fondanti per la poetica di Springsteen, quanto traducibili in infiniti qui e ora possibili. E se il rock’n’roll è quel vortice inafferrabile di elettroni che lega parole e musica fino a farle diventare un’idea così potente da unire le generazioni e smuovere le masse, quella scarica di adrenalina che ti schizza dal cervello alla punta delle dita e ti spinge a voler vivere la migliore vita possibile, Bruce Springsteen ne è senza dubbio uno dei massimi rappresentanti e ieri, mentre Christo faceva camminare la gente sull’acqua, lui dal palco del Meazza compiva il vero miracolo.