Intervista a Marky Ramone: “Trump è il peggiore”

marky-ramone-sziget-trumpMancano poche ore dall’inizio delle danze al Sziget Festival 2016, sull’isola di Óbuda, Budapest. Ad inaugurare il Main Stage c’è Marky Ramone, già batterista dei Ramones, attualmente impegnato a portare in tour gli storici brani della band con i Marky Ramone‘s Blitzkrieg. Gli abbiamo fatto qualche domanda, in attesa del concerto.

Da bambino Ringo Starr è stata la tua prima grande influenza. Chi altro ti impressionava all‘epoca?
Batteristi? Keith Moon, Ginger Baker dei Cream, Charlie Watts, Mitch Mitchell della Jimi Hendix Experience, Hal Blaine, il batterista in studio di Phil Spector, mi piaceva il batterista dei Jethro Tull, il primo, Clive Bunker, mi piaceva Buddy Rich, Gene Krupa, Joe Morello del Dave Brubeck Quartet. Mi piace anche il jazz, non solo il punk rock, mi piacciono anche altri generi musicali. Questi tizi mi hanno influenzato parecchio.

Dando uno sguardo alla discografia dei Ramones, cosa ne pensi di “End Of The Century”? È un disco che ho ascoltato molto negli anni, mi è sempre piaciuto, ma so che diversi fan ritennero la produzione di Phil Spector “troppo soft”.
Beh, era un esperimento. Quelli erano i puristi del punk, ma vendette molto bene ed eravamo molto contenti di quell’album perché arrivammo a più persone. È questo il punto del suonare in una band. Era un esperimento. Loro facevano dischi “da tre accordi”, è la ragione per la quale facemmo “Road To Ruin” all’epoca è questa. All’epoca di “Road To Ruin” la situazione era un po’ diversa: se avessimo fatto un altro disco “da tre accordi” penso che la critica ci avrebbe invitato a fare qualcosa di nuovo. È per questo che volevamo lavorare con un tipo come Phil Spector. Avevamo ammirato il suo lavoro con le Ronettes, con The Crystals, con i Righteous Brothers, quindi… Le tracce selezionate per l’album era molto buone, la produzione era un esperimento che volevamo fare una sola volta. Una volta era sufficiente.

Oltre alla tua band, negli ultimi dieci anni hai anche lavorato in radio.
Yep.

Com’è che un batterista diventa un DJ?
Ero ad un talk show, sulla Sirius XM, e gli piaceva il mio modo di conversare con la gente in diretta, così mi hanno offerto un mio show. E gli ho detto “Lo farò, se posso passare solo punk rock”, perché il punk rock non è quasi mai trasmesso da nessuna parte. Ma il mio show si sente in cinquanta stati, in tutto il Paese. Gli ho detto “Okay, lo farò, ma niente pubblicità, tre ore, per tre volte a settimana”. Hanno accettato, e aiuto giovani band che non riescono ad avere contratti discografici: più li aiuto, più aumentano le probabilità che ci sia qualcuno interessato ad ascoltarli, cose del genere. Mi piace aiutare nuove band che nessuno ha mai sentito nominare, trasmettendole per tutto il Paese.

Ho letto che hai anche una tua marca di salsa. È proprio una tua ricetta?
La mia ricetta, sì: mio nonno era uno chef al Copacabana di New York, ci ha lavorato per moltissimi anni. Da bambino quando andavo a casa dei miei nonni lo guardavo in cucina, a tagliare le verdure le verdure col coltello e tutto quanto, e ho ricordato. È nel sangue, forse ce l’ho nel sangue! Era un batterista: era il batterista della banda del liceo, suonava il rullante.
Quando lasciai la casa dei miei a diciotto anni dovevo arrangiarmi con le cose più economiche: un bel pentolone di spaghetti, che potevi mangiare anche il giorno dopo. Così ho realizzato la salsa con i miei ingredienti, ed i proventi vanno in beneficienza. Ci sono voluti sei mesi. A volte era troppo salata, altre poco piccante, così ogni volta che ero in cucina mi fermavo, aspettavo un mese, e ci riprovavo. Alla fine, era la giusta combinazione… Questo era il trucco.
E ho anche la mia birra! È di ottima qualità, e va ai “Musician Without Borders”. Alcuni proventi vanno là in beneficienza per aiutare i ragazzi ad avere strumenti e lezioni nelle scuole, qualsiasi cosa che aiuti. Ed io non bevo nemmeno! È andata così: l’ho messa in bocca, e me la sono rigirata un po’.

Come i sommelier!
Come i sommelier. Non bevo dal 1984, ma l’ho fatto perché aiuta.

Hai suonato in Italia qualche giorno fa: noi siamo italiani. Com’è andata? Cosa ne pensi dell’Italia?
È eccezionale, adoro anche quel Jamboree. Il Jamboree Rockabilly, ci sono stato qualche anno fa con DJ Ringo, ed ho suonato al Satellite Festival. Amo l’Italia e ci vado molto, farò un canzone di Natale con Ringo e Andrea Rock, che lavorano per la radio. Faremo “I Saw Mommy Kissing Santa Claus”, che sarà sulla compilation di Virgin, penso ne esca una ogni anno. Ci andrò tra un paio di settimane.
Amo Venezia, adoro scendere dall’aereo,  saltare sulla barca e andare in hotel, dopo un lungo volo da New York è troppo forte. Ci sono così tanti posti carini ma Venezia… Ha un qualcosa di speciale. Com’è fatta, i ponti sull’acqua… Venezia me la porto nel cuore.

Cosa ti piace ascoltare di questi tempi? Nuovi dischi…
Col mio show radiofonico devo tenermi aggiornato su tutto. Mi piaciono i Gallows, di Londra, un’ottima band. The Pears, c’è una nuova band chiamata The Pears. Mi piacciono The Loved Ones, gli Anti-Flag… C’è tanta roba, tanta roba buona. E ascolto anche altri generi, mi piaciono il blues ed il jazz, bisogna tenere le orecchie aperte. Ci sono tante band là fuori che non hanno l’opportunità di essere suonate.

Hai anche scritto un’autobiografia: non l’ho ancora letta, ma ce l’ho sul carrello di Amazon e la leggerò appena tornerò a casa.
Okay, penso la troverai molto interessante. È tutta la mia storia, la scena newyorkese dove tutto è cominciato, com’era la New York dell’epoca, e prima di quello quando stavo crescendo… È piuttosto forte.

L’ultima domanda: non hai suonato solo coi Ramones ma anche con Misfits e Voidoids, ed altre band storiche…
Ero “il batterista di New York”. I Misfits hanno suonato con me per quattro anni, ma non mi piaceva il cantato. Jerry non sa cantare.

… Ma cosa significa per te essere punk nel 2016?
Mettere le cose in discussione. Alzare la voce, e parlare di quanto accade nel mondo. C’è così tanta corruzione in politica, Trump è il peggiore. Abbiamo avuto Obama per otto anni… Se non dici la tua e non provi a cambiare le cose, nulla cambierà ma peggiorerà. Per questo il punk è importante, serve a veicolare un messaggio in un pezzo da tre o due minuti e mezzo. Spero che Donald Trump non vinca, non è una brava persona, e non ha esperienza. Non è un grande uomo d’affari come dice, lo era suo padre. È nato con la camicia, aveva i soldi, era un ragazzo ricco.

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