Lo ammetto, l’ascolto di “Heavy Entertainment Show” non è cosa semplice. “Hai cercato un salvatore, bene qui io sono” incalza Robbie Williams nella title-track del suo nuovo album di inediti. Dove il marchio delle sue caricature è la solita arroganza tinta sempre da un leggero cinismo del sapere. Ogni traccia di umorismo è spazzata via da una teatralità statuaria che rende l’ascolto poco divertente. Questo concetto è ben palesato in “Party Like A Russian” e “Hotel Crazy” in cui Rufus Wainwright e Robbie sono protagonisti di un cabaret rampicante. “Heavy Entertainment Show” trasuda del timore di Robbie di inciampare nell’eccessiva autostima. È questa la sensazione all’ascolto di tutti gli arrangiamenti orchestrali, a cui si affianca il graffio dei The Killers per cercar di ripristinare il pugno – o solo il punto di partenza discografico – di Robbie (“Mixed Signal”).
“Heavy Entertainment Show” rappresenta anche il tempo della pubblica ammenda di Mr. Williams per il suo cattivo comportamento (“Best Intentions” e “Sensitive”). “Love My Life”, quella su cui – senza ombra di dubbio – Robbie ripone la speranza di bissare il successo di “Angels”, è un’offerta di supporto eterno, oltre ogni errore e dubbio.
Il lato migliore di Robbie è mostrato – ed è strano per me scriverlo – in “Motherfucker” affermando semplicemente che “noi siamo cattivi figli di puttana, sei un cattivo figlio di puttana”. Eppure, lo fa finalmente ponendo un bagliore di speranza in quel “tu sei quello che romperà la catena”.
“Heavy Entertainment Show”, annunciato come il grande ritorno pop di Robbie Williams, barcolla da una cosa all’altra, passando per glam rock, ballate e showtunes orchestrali. Il sottotesto di questo album è il ricordo della giovinezza di Williams, quando la luce dei suoi spettacoli ha avuto il potere di unire milioni di persone in tutto il mondo che, insieme, guardavano la stessa cosa. Williams ha sempre voluto coprire la totalità della musica. Il sogno di Williams è un’esperienza di massa in cui si riesca a condividere “qualcosa per tutti”, ma Robbie si è dimenticato di considerare il mondo in cui viviamo, dove il modo di consumare musica è diventato frammentato e personalizzato. Di conseguenza, un album che si apre con l’ammissione che “avrei venduto i miei figli / Per un successo in Belgio”, che poi prende tempo per un sentito omaggio al suo defunto manager (“David’s Song”), sino a concludere in pieno stile Broadway (“Io vi amo tutti, auf Wiedersehen!”), risuona quantomeno altisonante.
È innegabile, però, che solo una pop star del calibro di Robbie Williams poteva lanciare sul mercato un album come “Heavy Entertainment Show”. La domanda, al termine dell’ascolto è: ce n’era davvero bisogno? A voi la risposta.