Si intitola “Un invito a te” il nuovo disco di Diego Mancino, fuori il 23 settembre e anticipato dal singolo dal sapore tutto anni ’60, “Succede d’estate”. Otto brani inediti, scritti e prodotti dal cantautore con la collaborazione di Dario Faini, Stefano Brandoni e William Nicastro, più una cover, quella di “Ragazzo Mio” di Tenco, perfettamente integrata nella materia di un disco finanziato da una campagna di crowdfunding su Music Raiser.
“I foundraisers sono lo zoccolo duro, i miei primi produttori, le persone che veramente hanno deciso che questa cosa doveva esistere”, ha raccontato Diego dopo l’intenso showcase offerto alla stampa assieme al collaboratore di lunga data Roberto Pace, al piano. “L’operazione, che in effetti ha richiesto anche un po’ di coraggio, è durata due mesi, coi fan che ogni mese venivano da me, proprio a casa mia fisicamente, per ascoltare i provini che stavo finendo e scegliere quella che poi sarebbe stata la scaletta del disco, a cui avevo già dato una struttura, ma un po’ di cose mi sembrava giusto farle scegliere a loro. Poi quando tutto era terminato e stavamo masterizzando i ragazzi di Universal mi hanno fatto una grandissima sorpresa e mi hanno proposto di lavorare assieme”.
È nata così quest’avventura, “Un invito a te”, che è un invito a lasciarsi liberi dagli schemi mentali, un invito alla ricerca della verità e della compassione, alla luce del quale trova un senso tutto suo la scelta di finanziare l’operazione partendo dalla base. “Empatia è il secondo nome di questo disco, è proprio quello che desidera fare. Come mi capita spesso di dire in questi giorni, io sono stato educato dalle canzoni pop sentimentalmente, sono cresciuto capendo come si ama e come si odia con le canzoni pop. Il mio tentativo in questo disco è fare esattamente la stessa cosa, provare a dare l’opportunità di lasciarsi emozionare o avere uno scambio di pura empatia”.
E pop, nel senso più ampio del termine di grande contenitore di suoni e atmosfere della più disparata natura, è anche questo progetto, nato, come è naturale per un autore capace di scrivere sia per Fabri Fibra che per Francesco Renga, fuori da qualsiasi nicchia di genere. “Proprio perché il disco è nato in totale autonomia, non mi sono posto il problema di avere un pubblico di riferimento e un suono di riferimento, anche perché io non ce l’ho e l’idea di arricchire il disco di più generi musicali che convivono era la cosa che più mi assomigliava. Quindi ho voluto tenere le ballad, l’elettronica, addirittura rappo per qualche istante, spero che non si arrabbi nessuno. In fondo, per me la musica è un gioco, molto serio, ma è un gioco, per cui nel momento in cui ero libero di giocare con la creatività, sarebbe stato folle mettersi dei confini, delle barriere forzate”.
Un gioco al quale, in una maniera o nell’altra, hanno partecipato la bellezza di 150 persone, “uno zoccolo duro di 120 persone e poi i fidanzati! Si, perché c’è una particolarità, la mia musica piace molto alle ragazze ed è una figata pazzesca, le quali poi parlando coi fidanzati dicono, ma come non conosci sta roba… Vi faccio un esempio, la moglie di Daniele Silvestri è un’amica che conosco da tanti anni e quando c’era un problema metteva “Cose che cambiano tutto”, quindi Daniele, che ancora non mi conosceva, aveva associato il mio pezzo a una situazione non troppo bella, povero! Anche con Ambra e Renga è successa la stessa cosa”.
La campagna di crowdfunding è partita proprio così, mandando i provini a una serie di colleghi, Sangiorgi, Renga, Dell’Era e altri, “che si sono fatti riprendere mentre la ascoltavano in cuffia, senza conoscerla e cercando di trovare le parole, sono venute fuori cose molto simpatiche e divertenti. Daniele Silvestri voleva diventare un top raiser, ma purtroppo la cosa era già chiusa, però mi ha dato un sacco di bei consigli, per esempio in “Era solo ieri” da metà in poi c’erano dei tamburi che avevo aggiunto e lui mi ha suggerito di toglierli, perché secondo lui rallentavano il brano e ovviamente aveva ragione”.
Indicazioni preziose, che assieme a quelle dei fan in qualche caso hanno deciso la sorte di brani, che col senno di poi, si possono ritenere dei pilastri dell’album, come “Avere Fiducia”, brano inizialmente scartato e poi inserito nel disco dietro precisa richiesta dei raisers. Un pezzo molto intenso per suoni e tematiche, ma d’altro canto, ne è ben conscio Diego, “ognuno ha un ruolo, il mio è quello di parlare del vuoto e in questo disco se ne parla tantissimo, di vuoti emotivi, di vuoti cittadini, di noi immersi in un niente cosmico alla ricerca di qualcosa che possa riempire il nostro enorme niente cosmico che portiamo nel cuore, nel lavoro, nelle idee di vita”.
Un vuoto su cui affacciarsi insieme, accettando l’invito dell’artista, con la paura e la curiosità che precedono ogni acquisizione di consapevolezza. E allora non sorprende per niente la scelta di infilare in questo disco, così intimo nella sua umanità, la cover di “Ragazzo Mio” di Luigi Tenco. “Come tanti sono innamorato di Tenco e quella canzone racconta nella maniera più moderna me e gli altri. Oggi quelle parole hanno lo stesso valore che avevano quando le ha scritte. Quando dice “un giorno ti diranno che tuo padre aveva per la testa grandi idee, ma in fondo, poi non ha concluso niente”, io rivedo mio papà, i papà dei miei amici e anche i miei amici, che magari hanno fantasie e idee poco reali, che però invece vanno perseguite, perché bisogna sempre abituarsi a fare dei propri desideri una strada maestra. Quindi ho osato, ho pensato ho la mia età e posso permettermi di fare un pezzo di Tenco, cosa che non avevo mai fatto, proprio perché lo sento, è moderno, dice cose che io direi a tutti i miei amici, ai loro figli o ai miei, dovessi averne. E poi è bella”. Bella e pericolosa come questo disco, che dopo la serie di date instore, prenderà vita in una serie di date live, il cui annuncio dovrebbe arrivare a breve.