Sulla pagina Wikipedia degli Opeth si legge ancora “progressive death metal”, ma è dal 2003 che questa definizione sta stretta alla band svedese. Da allora infatti hanno iniziato a flirtare con il prog rock, salvo successive (per quanto sporadiche) ricadute in sonorità più heavy, ma da “Heritage” in avanti, sono praticamente diventati una formazione da revival settantiano.
Detto questo, “Sorceress” non è assolutamente un brutto album, anzi. Ma lo sbadiglio è in agguato quasi a ogni nota. Solo “Chrysalis” spinge leggermente di più, ma è una parentesi del tutto a se stante all’interno del lavoro. Tra suite infinite e ritmi arabeggianti, le sonorità del dodicesimo lavoro in studio di Åkerfeldt e soci risultano parecchio indigeste.
Ma in fondo, era quello che il frontman desiderava. I fan di vecchia data hanno abbandonato gli Opeth ormai da anni, ma non penso che ai Nostri freghi più di tanto. Quindi tanta onestà e coerenza da parte loro e infinito rispetto per quello che fanno, incredibilmente complesso e fuori dal tempo. Ci vuole coraggio, devo ammetterlo. Ma siamo nel 2016.