Trenta minuti di Stoner incisivo e piuttosto vario per “High Strangeness”, dei texani Mothership. Dopo i volumi I e II di “Mothership”, questo terzo studio album si presenta con tutti i connotati del genere: sound cupo e atmosfere obnubilate, ben miscelate in una struttura sufficientemente variegata da mantenere un tenore coerente senza stancare.
L’esecuzione del trio statunitense è tecnicamente valida: assoli di chitarra semplici ma curati e composizione musicale piuttosto fantasiosa da permettere la produzione di brani efficaci in termine di varietà. Il ritmo sostenuto è spezzato da brani e passaggi lenti, talvolta al limite dell’immobilità, creando enfasi sull’aspetto psichedelico e distaccato che accompagna il genere. In questo riesce molto “Eternal Trip”, dal titolo evocativo e dalle atmosfere inequivocabilmente “stoned”.
“Wise Man” presenta una bella struttura musicale, con riff semplici ma efficaci e di presa immediata sull’ascoltatore. Discorso analogo per “Speed Dealer”, che chiude l’album attraverso sei minuti di rock deciso e ben ritmato, costellato di passaggi in grado di dipingere atmosfere tipicamente retrò. Un bell’incipit caratterizza “Crown of Lies”, forse il pezzo più incisivo e persistente nella testa dell’ascoltatore. Riff di chitarra senza fronzoli, ma bastevoli a conferire sufficiente ritmo. Anche “Ride the Sun” presenta un inizio che prende immediatamente, sviluppandosi in quasi quattro minuti di rock piuttosto godibile e abbastanza coinvolgente.
Nell’insieme “High Strangeness” rappresenta un prodotto nella media, non particolarmente elaborato dal punto di vista tecnico, e che in ambito creativo non porta nulla di nuovo nel genere. La sua struttura conforme allo stile e la discreta varietà delle tracce lo rende tuttavia meritevole d’ascolto, in particolare per chi ami le sonorità sessantottine allestite dal genere.