“Nel caos di stanze stupefacenti” è il terzo disco di Levante, che nasce dal caos ma che dallo stesso ne prende le distanze. Scusate il gioco di parole, lo ammetto in principio. Quel caos lì più che alle stanze sarebbe da imputare alle distanze stupefacenti, ma Claudia a questo ci ha abituati sino da “Manuale distruzione”.
Il secondo album è sempre il più difficile per la carriera di un artista cantava Caparezza, ma sicuramente è il terzo che sancisce il valore di una cantautrice come Levante. Un caos sonoro ordinato, che la fa virare a tratti verso il pop (thanks to Filipelli al banco di regia), sicuramente più focalizzata sulla ritmica e un impatto sonoro live-style. La pietanza musicale che ti viene servita arriva dritta nello stomaco ed lì che si appiccica facendoti canticchiare, già dal primo ascolto, “Non me ne frega niente” quasi un mantra ben condito. Eppure “Nel caos di stanze stupefacenti” non è proprio un disco pop, vuoi per le sfumature ma soprattutto per tematiche che Claudia tocca neanche tanto delicatamente. La sua dote, oltre quella di scavarsi dentro, è di parlare in modo crudo, reale, tangibile della realtà che si tratti di violenza in “Gesù Cristo sono io” o di quei Je suis proclamati dai social per l’ennesima strage in “Non me ne frega niente”.
Levante sfida le dinamiche discografiche delle categorie di dischi, di questo va dato merito anche a Carosello, sempre più attenta al panorama indipendente. Così, con una naturalezza devastante si passa dal quasi rap di “1996 La stagione del rumore” , alla filastrocca “Santa Rosalia” all’ironica “Pezzo di me” feat Max Gazzè. In queste stanze e grazie a certe distanze Claudia ha avuto il coraggio di rischiare, e questo ha portato alla luce un disco che fa del caos la sua più sublime armonia.