Un artwork orrendo presenta l’uscita di “Salting Earth”, il nuovo album di Richie Kotzen, talentuosissimo chitarrista dalla carriera lunga e sfavillante. Se siamo abituati alla sua scarsa cura per l’aspetto visivo delle sue uscite discografiche, ci ha parimenti abituati ad una qualità eccellente di musica e songwriting.
Dopo una corsa sfrenata negli anni ’80 tra album solisti blues, hard rock, strumentali e acustici, collaborazioni con eroi del glam come Poison e Mr.Big, Richie riesce finalmente ad avere il riconoscimento tra il grande pubblico a seguito del progetto Winery Dogs, condiviso con altri due musicisti super: il batterista Mike Portnoy e il bassista Billy Sheenan.
“Salting Earth” arricchisce la foltissima proposta discografica solista di Kotzen proprio all’interno di un anno sabbatico che i Winery Dogs hanno deciso di prendersi dopo il trionfale tour in supporto dell’album “Hot Streak”
L’inizio di “Salting Earth” non denota un discostamento effettivo dal sound hard rock dei Winery, con uno dei pezzi più belli di tutta la produzione del chitarrista, “End Of Earth”, una mastodontica opera hard rock con il solito cantato furioso di Richie, e un assolo finale da brividi.
Così anche “Thunder” spinge forte, mentre con “Divine Power” l’atmosfera si fa più cupa e riflessiva, meno immediata, più vicina alla seconda produzione dei Winery che non la prima dell’album omonimo del 2013. Grande amante delle ballate, già da inizio album Kotzen ricama atmosfere da sala da ballo quando partono i lenti e le luci puntellinate della mirror ball sono gli unici bastioni contro il buio. “I’ve Got You” e “My Rock” sono da dedica di fine serata per un anniversario amoroso.
Le atmosfere alla Marvin Gaye continuano con “This Is Life” mentre un altro amore di Richie esplode in “Make It Easy”, un funky energico che risveglia gli ardori un po’ assopiti dopo una serie eccessiva di ballate, prerogativa alla quale però l’artista ci ha abituato nella sua carriera solista.
“Meds” e “Cannon Ball” rallentano nuovamente, con l’introduzione nella seconda di uno strumento che è entrato da poco nel repertorio di Kotzen ma che ha subito trovato un posto d’onore, la pianola Hammond. Le atmosfere sono di nuovo rallentate e lievi, mantenendo l’impronta di quel funky nero caldo e passionale. I testi di Richie Kotzen non sono mai stati degni di un Nobel per la letteratura, ed è evidente come non mai nella ballata acustica “Grammy” che ci porta alla fine dell’album.
“Salting Earth” ha tutto quello che deve avere un album solista di Richie Kotzen in questo momento della carriera. Decide di proporre il sound energico e diretto del fortunato progetto Winery Dogs, senza dimenticare l’impronta della sua avventura musicale lunga ormai più di trent’anni, tra funky e rock classico, il tutto impregnato di una tecnica ai limiti del sovrannaturale, sia strumentistica che vocale. Oltre che un disco godibile e pieno di stile e tecnica, un’occasione per godere delle imprese di Kotzen sui palchi italiani.