John Mayer – The Search For Everything

Il nuovo album di John Mayer è un viaggio, una quest, come suggerisce il titolo “The Search For Everything”.
La promozione del disco voleva probabilmente essere funzionale a questa idea, con l’uscita di due EP denominati “Wave One” e “Wave Two”, due passi verso il tutto. Due onde, in questo caso, perché la musica di John anche in questo ultimo capitolo non si discosta dal blues melodico e leggero che lo ha sempre contraddistinto, un ondeggiare ipnotico che ricorda l’infrangersi di basse onde sulla risacca e i granelli di sabbia della spiaggia che si abbracciano e formano quel vociare sommesso che tranquillizza e culla.

La ricerca è alla base del concept di questo ultimo disco, e le tematiche sono anche qui in linea con tutta la sua produzione. L’amore come traguardo ultimo che nonostante gli sforzi si sposta sempre quel tantino più in là delle nostre possibilità, la certezza che ogni avventura e ogni incontro sono isole che si ergono su un mare di solitudine, delle eccezioni da vivere al massimo perché rare e effimere.

Dopo il buonissimo “Born & Raised” e il meno buono “Paradise Valley”, in molti si chiedevano se questo nuovo capitolo confermasse la fase discendente dell’artista. Da dire che non è buono come i suoi episodi migliori, ma non è nemmeno il miscuglio ingarbugliato tra pop e blues ascoltato in “Paradise Valley”. Non c’è una collaborazione con Katy Perry, per intenderci. “The Search For Everything” si limita però a compiacere, senza mordere. Scorre liscio e rilassa, come farebbe un album chillout, cullando l’ascoltatore con le note lievi che oscillano tra il pop blues e l’R&B riempendolo con i testi di un vago sentimento di nostalgia e di mancanza.

“Still Feel Like Your Man” parte con tutti questi elementi già esposti in vetrina, un funky oscillante che parla di abbandoni non metabolizzati. Un’atmosfera acustica che ben conosciamo ritorna da “Born & Raised” e altri suoi cavalli di battaglia come “Continuum” in “Emoji of a Wave”.  “Love On The Weekend” esplora senza fronzoli la platea del pop, un pezzo trasmettibile da praticamente qualsiasi radio sulla terra, a parte forse Radio Maria. “In The Blood” è una ballata dolce con un ritmo cadenzato che porta a battere le mani a tempo, e si attesta come uno dei momenti migliori dell’album insieme a “Changing”, anch’essa posata e malinconica.
“Moving On and Getting Over” ha parecchie assonanze con il repertorio di Marvin Gaye, sia nel mood che nelle note che nelle parole, si può quasi parlare di tributo diretto per uno dei massimi esponenti del soul. Ritorna il dramma dell’abbandono in “Never On The Day You Live”, altra ballata accompagnata dal piano, e in “Rosie” torna il soul sensuale del funky dove si aggiunge anche quel tocco di sax che fa sempre atmosfera.

Non poteva non strizzare l’occhio al country di vaga citazione Dire Straits con “Roll It On Home”, mentre la chiusura spetta a “You’re Gonne Live Forever In Me”, canzone che si apre con una fischiettata che esprime tutta la solitudine che a quanto pare non è uno stato transitorio, ma un’attitudine da combattere come un mulino a vento.
John Mayer punta sul sicuro con “The Search For Everything”, che in pieno contrasto con le roboanti premesse del titolo, si attesta su territori ben conosciuti e rodati, senza acuti e senza colpi di testa, offrendo ai suoi fan un buon disco d’atmosfera da piazzare mentre fai dell’altro. Devo specificare?