Ritroviamo oggi con piacere i Labyrinth e il loro nuovo album, “Architecture of a God”, pubblicato sotto etichetta Frontiers Records. Sette anni di silenzio a precedere un ritorno decisamente atteso e gradito nei confronti di una delle band rappresentative del panorama metal tricolore, attraverso un prog poetico ed etereo. Melodie delicate si fondono con sonorità decise e veloci in un connubio armonico e penetrante.
I brani sono caratterizzati da una persistente eleganza, prerogativa permanente anche nei tratti più frenetici dell’album, e che ne rappresenta la caratteristica peculiare, già apprezzata in passato. In ogni lavoro, difatti, i Labyrinth hanno portato avanti un prog metal sofisticato e raffinato, di spessore e in grado di accontentare sia il pubblico incline a un sound melodico e delicato che quello maggiormente orientato ai riff decisi di chitarre e alle percosse tonanti di batteria.
L’apertura è affidata a “Bullets”, la quale si dispiega attraverso sei minuti di passaggi veloci e assoli frenetici, armonicamente incastonati in un corollario di tastiere che conferiscono una vena eterea e solare. Il tutto è perfettamente rifinito dalla voce elegante di Roberto Tiranti, artefice di una prova di grande classe. Un pezzo rappresentativo dello stile promulgato e che esprime le doti di tutti gli elementi del gruppo, ognuno dei quali autore di una performance magistrale lungo i sessanta minuti in cui l’album si svolge.
Particolarmente impattante è “Take on my Legacy”, dall’inizio vertiginoso e di personalità: chitarre ruggenti e sezione ritmica martellante si intrecciano in un vortice adrenalinico di grandissima intensità, coinvolgendo l’ascoltatore in un’atmosfera ricca di enorme potenza armonica. Altro bel brano è “Someone Says”, sostenuto dal primo istante e pregno di una notevole energia propositiva, che cattura l’ascoltatore dall’inizio alla fine.
Abituatici già alla presenza di cover famose, anche in questo album troviamo qualcosa: una bella versione di “Children” di Robert Miles, ben arrangiata e arricchita di quella sfumatura metal bastevole a renderla perfettamente inserita nel contesto, senza snaturarne l’essenza.
In conclusione “Architecture of a God” rappresenta un gran bel ritorno dei Labyrinth, e si mostra come una ulteriore conferma dello stile che ha affermato la band nel corso degli anni: un metal luminoso ed elegante, di gran caratura e meritevole di ascolto prolungato anche da parte di un pubblico ampio ed eterogeneo, non necessariamente metallaro, seppur sia innegabile la natura metal prog di quest’ottimo nuovo lavoro del gruppo nostrano.