Atteso ritorno dei Nothing But Thieves con questo “Broken Machine” a distanza di due anni dall’omonimo esordio che aveva convinto parecchi compreso il sottoscritto. Basta guardare i video dei singoli o per chi ha avuto la fortuna di vederli dal vivo per rendersi conto che il cantante Conor Mason e soci sono appena più che ragazzini con in dote capacità potenzialmente infinite.
Nelle orecchie già da mesi il pezzo scelto come warm up alla release “Amsterdam”, passionale ed energico come ci ha abituato la piccola ma significativa discografia di questa band insignita della responsabilità di traghettare l’alternative rock verso la nuova generazione.
Il produttore Mike Crossey intesse un sound variegato e preciso, compatto, allineando questa produzione ad altre sue illustri (Arctic Monkeys, Twenty One Pilots) per un disco che come il precedente offre una gamma estremamente variegata di stili e velocità. Il secondo singolo è “Sorry” che già si pone in contrasto con l’esplosività di Amsterdam, proponendosi più raccolto e melodicamente riflessivo, piacevolissimo e orecchiabile.
Mentre l’apertura “I Was Just a Kid” è piena di sfacettature e potenza, la title track invece sorprende già con una profondità e particolarità di idee compositive. La sorpresa è ossimoricamente prevista in quanto il gruppo ci ha abituato ad un eclettismo che ne ha caricato di aspettative le gesta presenti e future.
La voce di Conor si ripropone a dispetto della acerbità anagrafica profonda e piena di estensione, con un uso capace del falsetto che risulta altrattanto potente e rilevante degli acuti a voce piena. Ritmica irresistibile in “Live Like Animals” che si mette in fila per l’assegnazione della carica di nuovo singolo, una fila che si prevede lunghissima.
Evidentemente progettato per suonare bene in qualsiasi situazione immaginabile, Broken Machine si fa sognante con le atmosfere di “Soda”, ballata imbellettata da armoniche ed echi fuggenti. “I’m Not Made By Design” dimostra che i nostri ragazzi sanno spingere sul pedale del rock più classico e aggressivo per poi ricadere subito con “Particles” in un lounge sofisticato ed elegante.
Come nel precedente album la setlist è molto lunga, un viaggio riempitivo, quasi una playlist di situazioni. Broken Machine ti può accompagnare in un viaggio come in una serata in casa o da amici. “Hell Yeah” mostra un volto leggermente più acustico in una atmosfera più intima che diventa quasi Radioheadiana nella bella “Afterlife” per poi chiudere con forza e sfrontatezza nell’acida “Number 13”.
I Nothing But Thieves consegnano al pubblico un album degno successore del sorprendente esordio, ancora molto lungo ma mai ripetitivo, con moltissime sfacettature e tanta classe, così anacronistica in una band così giovane. Una carrellata di potenziali singoli da far venire l’acquolina in bocca ad ogni emittente radiofonica, da dedicare e cantare.