William Patrick Corgan, e già ci ha detto molto. Ancora prima di sentire una sola nota del suo nuovo album solista, il secondo della sua carriera, ancora prima di aver letto anche solo il titolo della sua opera, ci ha già comunicato tantissime cose importanti scegliendo di presentarsi con il suo nome esteso. Il marchio Billy Corgan è messo da parte, almeno in questo caso, e con lui tutto lo scomodo e titanico bagaglio che porta al maltrattato mondo degli Smashing Pumpkins. Band di cui lui era principale compositore, ne gestiva le sorti artistiche che dall’anno 2000 in poi ha visto solo mediocrità ed episodi mai lontanamente all’altezza dei dischi epocali che hanno caratterizzato la loro discografia negli anni ’90.
Nome e secondo nome, niente viene celato o abbreviato, è lui davanti a noi. Qualche ruga in più che sembra riflettersi sul cantato dotandolo di un vibrato quanto mai accentuato fino all’estremo e quasi superfluo. “Ogilala” è il nuovo album solista e potrebbe sembrare uno di quei versi che fanno le persone una volta entrate nel mondo dell’anzianità quando si devono chinare a prendere qualcosa o fare uno sforzo. Ogilala! Ho fatto un disco.
Perché cosa rimane dell’immensa poetica e energia del suo vecchio gruppo? Poco, ma non disperate, non tutto è andato perduto. Se in molti, troppi momenti ricorda il suo vecchio progetto degli Swan (per me assolutamente da riscoprire) nei frangenti più ispirati può riproporre alcune atmosfere dello sperimentale “Adore”.
Al netto di rimandi e deja vu’ nostalgici, questo album ha una superficialità voluta, niente più elettronica ma solo chitarra voce e sporadicamente piano. È chiamato, e non a caso, James ad arricchire questo scarno substrato con la sua sei corde in una reunion si spera profetica per un ritorno degli Smashing Pumpkins in versione originale, perché la versione rimaneggiata post Machina/ The Machines Of God non ci è piaciuta praticamente mai. Tanta volontà e tanto coraggio in “Ogilala”, che parte con il tributo a Bowie “Zowie” e mantenendo un livello costante di melodie e composizione offre pochi spunti e vette di ispirazione, con molti buoni brani come il singolo “Aeronaut” o “Processional” con Iha ospite, “Archer” e “The Long Goodbye”.
Non è un lavoro che metterà imbarazzo ai fan di Corgan e degli Smashing Pumpkins, ma in un ascolto complessivo risulta probante. Nessun rumore poetico, assolo stridente, solo il lamento affettato dei vocalizzi del vecchio Billy non può reggere un ascolto intero di undici tracce. Nondimeno è un buon intermezzo nella lunga attesa della reunion, anche se non sappiamo appieno se volerla. Gli Smashing del dopo duemila hanno sempre fallito e abbiamo giustificato la cosa con il fatto che non erano la formazione originale. E se fallissero anche loro? Se scoprissimo che la nostra gioventù, l’energia e il rumore sono svaniti con il tempo?