Morrissey – Low In High School

Le ultime notizie che abbiamo di ‘Moz’ Morrissey in Italia risalgono a una litigata furiosa con un vigile urbano per futili motivi e la promessa di non tornare mai più nel nostro paese condita con una serie di sgradevoli commenti sulla nostra cultura e una nostra non provata ‘pericolosità’ minacciosa. Di cosa non si sa, e poco importa ai fini dell’amore incondizionato dei fan dell’ex cantante degl Smiths. Anzi, questa sua intrattabilità e questo suo ph a livelli di acidità corrosiva alimentano da anni il mito della sua figura che per fortuna è accompagnata da una qualità musicale di primissimo livello, confermata dall’uscita del suo ultimo album “Low In High School”.

La sua zazzera che ha partorito mode ed emulazioni nella sotto cultura indie di almeno un paio di generazioni è ingrigita e la sua figura si è dilatata negli anni, ma il suo immenso carisma alimentato dall’inesauribile fucina rappresentata dal suo ego smisurato non smettono di evolvere e crescere.
I temi in quest’ultimo lavoro sono sempre gli stessi, generati dalle mille e più frizioni che il caratteraccio di Moz patisce nel quotidiano e nel momento storico. Quindi frizioni sentimentali, troppo angosciose e complicate per il suo composto e fragile cuore malinconico, un perenne malcontento nei confronti delle autorità e di quella corona immobile e insensibile ai cambiamenti storici, alla Brexit e le nuove generazioni.

Tutti questi temi incorniciati come sempre nella miglior resa possibile, con la musica dinamica, strafottente e ironica che è 100% Morrissey. “Low in High School” è un piacere all’ascolto. Malinconia poetica in “This Is a Question Mark”, arroganza e potenza in “I Wish You Lonely”. Melodie sempre accattivanti e pressanti, espresse con il tipico timbro alla Moz che non permette di evitare di immaginarselo nella mente mentre tiene il microfono reggendolo con le dita, senza mai impugnarlo veramente, senza mai eleggerlo a parte di se, ma relegandolo sempre a mero strumento di risonanza della sua arte.

Così ci si lascia conquistare dai temi di “Spent The Day In Bed” e “Jacky’s Only Happy When She’s Up On The Stage”. Bellissima la ballata al piano di “In Your Lap”, intensa ed evocativa che cancella per un attimo la leggerezza imperante del disco. Così come la provocatoria e rivoluzionaria “Who Will Protect Us From The Police?”.

Trent’anni sono passati dallo scioglimento degli Smiths e nonostante sia con ogni probabilità la possibile reunion più remunerativa insieme a quella degli Zeppelin, è destinata a rimanere un’utopia. Perché Morrissey è a suo agio in questa condizione di singola entità, corrosiva e ammaliante, che tutto giudica e quasi mai benevolmente. Già la copertina dell’album è un motivo di mal di pancia per i ben pensanti britannici, mentre chi lo ama è abituato da anni a questo balletto di carezze e schiaffi conditi da album che si alternano con caparbia costanza e che praticamente mai si attestano al di sotto della sufficienza.