The Heavy Countdown #56: Tremonti, Yob, Orange Goblin, Madball

Tremonti – A Dying Machine
Un lavoro ambizioso e articolato, basato su un altrettanto intricato concept (originato a sua volta da un romanzo che porta la firma dello stesso Tremonti, in collaborazione con il blasonato scrittore John Shirley). Ma sappiamo bene che con le doti del chitarrista e frontman, ogni sfida è una passeggiata. “A Dying Machine” infatti si va a inserire in una discografia già ottima, sfoggiando dei gioiellini di rara bellezza e di presa istantanea (uno su tutti, il singolo “Trust”).

Halcyon Days – Rain Soaked Pavements & Fresh Cut Grass
Un metalcore che profuma di punk quello degli Halcyon Days. Il sestetto norvegese si tuffa di testa nella nostalgia con “Rain Soaked Pavements & Fresh Cut Grass”, rispolverando sonorità ed estetica che fanno tanto primi anni 2000 (basti solo pensare al titolo disco, tanto chilometrico quanto evocativo), filtrandoli attraverso una sensibilità contemporanea. Se siete a caccia di roba mai sentita questo album di certo non fa per voi. Ma se amate crogiolarvi nella malinconia dei bei tempi andati, siete nel posto giusto.

Yob – Our Raw Heart
Spesso succede che per superare una crisi o un momento particolarmente difficile della propria esistenza ci si butti mente e corpo nella musica. In questo caso, con ottimi risultati. Infatti i gravi problemi di salute di Mike Scheidt degli Yob hanno ispirato questo “Our Raw Heart”, un disco in cui il trio sludge/doom lascia sfogare tutta la propria rabbia e frustrazione, ma non solo. Il nuovo lavoro della band statunitense necessita di svariati ascolti per essere compreso appieno, non aspettatevi che vi “arrivi” subito.

Black Book Lodge – Steeple and Spire
Un viaggio etereo nella stratosfera, proprio tra quelle nuvole che appaiono sulla copertina di “Steeple and Spire”. Spesso l’abito non fa il monaco, ma in questo caso, parlando del nuovo album dei Black Book Lodge, funziona proprio al contrario. Infatti il progressive rock moderno che la formazione danese propone è quanto di più sognante e impalpabile si possa immaginare, trovando anche il tempo di affacciarsi su sonorità hard rock, risultando a tratti terribilmente catchy (come nel terzetto composto da “The Tower Bell”, la title track e “Spoil the Child”).

Orange Goblin – The Wolf Bites Back
Si sa, gli Orange Goblin sono una delle realtà più solide dello stoner rock britannico. “The Wolf Bites Back” è il sigillo numero nove nella carriera della band. Nonostante quindi la grande quantità di materiale che gli OG hanno buttato fuori negli anni, nell’ultimo lavoro riescono (quasi sempre) a non essere monotoni (prendete la title track per farvi un’idea). Forse non siamo ai livelli di “The Big Black” (disco pubblicato nel 2000 e universalmente riconosciuto come il migliore della formazione), ma il livello è comunque ottimo.

Madball – For the Cause
A dimostrarci che l’hardcore di stampo newyorchese è vivo e vegeto ci pensano i Madball con “For the Cause”. Con venticinque anni di carriera e nove full-length alle spalle, i Nostri continuano fedeli nei secoli a fare il loro, senza discostarsi di una virgola dalle proprie sonorità trademark. Tra gang vocals e contaminazioni hip-hop, non mancano un paio di featuring di un certo livello: da Ice-T in “Evil Ways” a Tim Armstrong in “The Fog”.

Dead Girls Academy – Alchemy
Dalla rinnovata mente diabolica di Michael Orlando, che prima di un terribile incidente ha vantato una carriera piuttosto movimentata come membro di band emo-pop-punk della sfera losangelina, nasce il progetto Dead Girls Academy. È evidente come la conoscenza con Ronnie Radke pesi sull’economia di un album che fa tanto Escape the Fate della prima ora (pure nella copertina) e con chiari rimandi agli AFI (vedi “I Can’t Feel a Thing”). Peccato che non siamo più nel 2005…