È in rotazione radiofonica e disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download “È questa la notte”, il nuovo singolo di Adolfo Durante, incentrato sul tema del matrimonio infantile. I fondi ricavati dal progetto, realizzato in collaborazione con “Voci Per La Libertà – Una Canzone Per Amnesty”, andranno interamente devoluti ad Amnesty International Italia.
Trattasi della terza collaborazione con l’ONG internazionale del cantante salernitano di stanza a Mantova, che arriva dopo “Libertà” – title track dell’album d’esordio del 2015, vincitrice nello stesso anno del concorso “Voci per la libertá – Una canzone per Amnesty” nella sezione emergenti – e il singolo del 2016 “Una Voce Per Te”, dedicato ai prigionieri di coscienza e coprodotto da Amnesty International Italia.
Scritta da Alessandro Hellmann sulla musica di Alberto Lombardi, la canzone tratta il delicato tema delle spose bambine, riuscendo a coniugare nei suoni e nelle parole sia il tono più infantile della strofa, che la riflessione più matura del ritornello. Preceduta dai singoli “Non Sono Più Forte”, “Stella” – brano che racconta la persecuzione dei nostri connazionali nel 1893 nelle saline della Camargue e alle foci del Rodano – e “Le Parole Vere”, “È questa la notte” verrà inserita nell’album di prossima pubblicazione dal titolo “Nell’attesa di un bacio”.
Quella con “Voci Per La Libertà – Una Canzone Per Amnesty” è una collaborazione che si rinnova dopo “Libertà” e “Una voce per te” dedicato ai prigionieri di coscienza. Raccontami di questo sodalizio.
Questo è un contest che è una costola di Amnesty International Italia ed è l’unico festival riconosciuto da Amnesty, attraverso il quale diffondono i diritti umani tramite a musica e l’arte. Nel 2015 quando ho partecipato tra gli emergenti ho avuto la fortuna di vincere e da lì è nata una serie di collaborazioni, che l’anno dopo mi hanno portato a “Una voce per te”, dedicata ai prigionieri di coscienza.
Quando hai iniziato a interessarti al problema delle spose bambine?
Proprio nel 2016, ho avuto l’opportunità di prendere coscienza di una tematica così delicata e mi ha profondamente colpito questa cosa, sulla quale non mi ero mai soffermato, così mi sono ripromesso che in un futuro non troppo lontano mi sarei impegnato nel divulgare questo fenomeno attraverso la musica. Il problema è quello di trovare collaboratori che siano in grado di trattare questa tematica e poi la paura molto forte di cadere nella retorica, perché quando si trattano certi argomenti è difficile non finire invischiati nella banalità. Era anche la paura di Alessandro Hellmann quando gliel’ho proposto.
Il suo testo, però, cammina su un filo sottile, un po’ utilizzando metafore, un po’ con un linguaggio più diretto.
Hellmann è un autore con cui collaboro da diversi anni, lui scrive tanto anche per il teatro, scrive libri, quindi è un autore a tutto tondo e ha un universo molto particolare, che in effetti utilizza molto la metafora. Quello che io gli ho chiesto è stato di scrivere questa canzone immedesimandosi come padre, di mettere dentro tutte le sue riflessioni a riguardo. Penso e spero che siamo riusciti a fare arrivare il messaggio in maniera comunque forte. È stata un’esperienza molto bella e formativa per me, anche se traumatica, visto il problema che affrontiamo.
Credi che in un momento storico come questo, dove l’opinione pubblica è già stata scossa dal movimento #meetoo e dalla reazione ai grandi movimenti migratori in atto, ci sia una maggiore sensibilità per un problema atavico e radicato in diverse culture come questo?
Mi sono reso conto che molte persone non sapevano nemmeno di queste pratiche, che sono molto vicine al tema della violenza sulle donne, anzi, ne fanno parte. Questo tema legato all’infanzia è molto delicato e per questo fa forse anche più paura. Nella nostra cultura questa pratica è immediatamente accostabile alla pedofilia, quindi è un tema davvero scottante. In molti mi hanno detto che sono stato coraggioso, ma io credo di avere soltanto fatto il mio dovere, chi fa musica ha anche il compito di rendere consapevoli gli altri di cose davanti alle quali a volte chiudiamo gli occhi per comodità.
Rimane comunque una realtà difficile da immaginare per noi, ma credo che non sia così lontana o assente neanche nella nostra società. Che idea ti sei fatto a questo proposito?
In molti credono che sia una cosa confinata al Pakistan, all’India, all’Africa, ma esistono anche in Italia, in alcune zone del sud Italia o anche nella stessa Roma. Insomma, è una cosa un po’ lontana dalla nostra cultura allora ci si pensa poco, ma i risvolti umani e psicologici di questa pratica sono terribili. Le ragazze vengono ridotte in una sorta di schiavitù, per cui rinunciano a tutti quelli che sono i diritti di un minore, cioè quello di vivere la propria infanzia in maniera spensierata, di non dover rischiare la vita, perché ci sono bambine che a dodici tredici anni partoriscono rischiando di morire. E poi, ovviamente non oso pensare quali siano le conseguenze psicologiche su una donna che viene violata, figuriamoci su una bambina.
Qualcuna di loro riesce a riprendersi la propria vita nel tempo?
Qualcuna trova la forza di ribellarsi, ma quando si è bambine è difficile riuscire a svincolarsi da quelle che sono pratiche peraltro indotte dalle famiglie.
È importante che ci si occupi di questo a livello internazionale, ma immagino che concretamente sia molto difficile riuscire ad intervenire, a cambiare le cose.
Io credo che l’unico modo non dico per risolvere la situazione, ma per iniziare a migliorarla anche se di poco, me ne rendo conto, sia quello di sensibilizzare. Io nel mio piccolo senza pretendere di arrivare a grandi masse, anche perché sono un artista di nicchia, attraverso Amnesty credo di avere assolto a un desiderio che avevo, perché come dicevo il compito della cultura, della musica, dei libri è anche quello di diffondere la consapevolezza su temi come questo.
La canzone sarà nel tuo prossimo disco. Puoi anticiparci qualcosa sul progetto?
Sarà un disco abbastanza eterogeneo dal punto di vista musicale e conterrà i vari generi che nel tempo ho avuto modo di affrontare, dal rock, al jazz, per arrivare al pop con dei forti richiami sempre alla musica d’autore. Per quanto riguarda i testi, lavorerò sempre con Hellmann, che ho scelto perché pur nella sua semplicità riesce ad affrontare le tematiche ponendoti in una posizione di riflessione e permette di riflettere su alcuni aspetti che ci riguardano come uomini del nostro tempo con i nostri vizi, le nostre virtù e debolezze. È un disco che mi rappresenta a trecentosessanta gradi, proprio perché non avrà un fil rouge né musicale, né tematico.
Si chiamerà “Nell’attesa di un bacio”.
Si, come la canzone che lo anticiperà e che racconta del bisogno della nostra società di ritrovare quei momenti che i social e i media hanno un po’ depistato da quella che è la nostra vera natura. Ormai siamo diventati molto social, ma poco disponibili a confrontarci con il prossimo di persona, quindi l’attesa di un bacio è intesa proprio in questo senso: la voglia di tornare a essere più umani.