Car Bomb – Mordial
Se “Meta” (2016) ci aveva fatto impazzire, forse “Mordial”, il quarto full-length dei Car Bomb, riesce a essere ancora superiore in follia e genialità. “Antipatterns”, oltre a essere il titolo di uno dei pezzi più assurdi dell’ultima fatica degli statunitensi, sta a rappresentare sia in termini linguistici che musicali proprio quell’anti-schema in cui i Car Bomb si divertono a giocare a palla con il nostro cervello, tra cambi di ritmo, rumorismi vari e alternanza schizofrenica clean/growl tipica della proposta mathcore della formazione. Colossali, allucinati, brutali. In una parola, perfetti.
Of Mice & Men – Earthandsky
Secondo capitolo dell’era post Carlile per gli Of Mice & Men, ormai rodatissimi nella nuova versione a quattro con il bassista Aaron Pauley alla voce. Se il precedente “Defy” (2018) era un lavoro tutto incentrato sulla positività e la voglia di vivere di una band messa a dura prova dalla sorte, “Earthandsky” si gioca subito la carta più heavy con la bombastica “Gravedancer” in apertura, continuando su questa strada per tutto il disco, senza per questo rinunciare ad aperture melodiche azzeccate (“As We Suffocate” e “Pieces”). Nonostante un paio di filler sul finale (“Meltdown” e “Linger”), gli OM&M si confermano ancora una volta tra le realtà più interessanti e solide del metalcore contemporaneo.
Borknagar – True North
Per i fan dei Borknagar, con tutti i cambi in line-up che la formazione norvegese ha visto negli ultimi anni, “True North” era una grandissima incognita. Ma come tutte le storie a lieto fine che si rispettino, il nuovo album dei Nostri è una piccola gemma inaspettata di progressive/avantgarde/black metal, con qualche abbondante tocco di folk (vedi la conclusiva “Voices”). Una proposta che si schiude al meglio nella sua duplice natura in “Thunderous”, un maelstrom di epica violenza, e in “Up North”, un vero e proprio inno (tutto cantato clean) inaspettatamente catchy. Per chi brama l’inverno più di ogni altra cosa.
Opeth – In Cauda Venenum
La nuova vita da menestrelli del progressive rock si concretizza del tutto in “In Cauda Venenum”, tredicesimo full-length di Mikael Akerfeldt e soci. Un nuovo corso che gli Opeth ci avevano già fatto annusare da anni e che era diventato ineluttabile in “Sorceress” (2016). Nella nuova fatica gli svedesi sembrano quindi ancora più convinti della loro scelta, e anche se a tratti la macchinosità del precedente disco rimane, “In Cauda Venenum” è molto più bilanciato, raffinato ed evocativo (ascoltate “Charlatan”). Per palati ultra fini.
Dayseeker – Sleeptalk
Quello dei Dayseeker è un biebercore bello energico (come ci avevano già dimostrato nel precedente “Dreaming Is Sinking / Waking Is Rising” del 2017), che a volte accarezza pure gli Architects nei suoi momenti più heavy (tipo “The Color Black”). Anche se in realtà “pesante” non è l’aggettivo più azzeccato per descrivere la proposta dei Nostri. Il quarto album dei “Dayseeker” si avvicina di più al pop e alla synthwave (“The Embers Glow”) rispetto al passato, mettendo maggiormente in risalto le ottime doti del vocalist Rory Rodriguez.