I Volbeat si sono esibiti al Fabrique di Milano il 14 ottobre 2019. Un lunedì sera fuori stagione, con temperature anomale per il periodo, foriere di perturbazioni che molto lentamente ci accompagneranno verso l’inverno. Insomma, una situazione non solo da sbalzi di temperatura, ma anche e soprattutto da cambi repentini di umore. Ma come spesso capita, la cura perfetta la offre la buona musica, e non solo quella della band danese.
In attesa di Michael Poulsen e soci, infatti, è salito sul palco della venue meneghina Danko Jones, reduce dalla pubblicazione del suo nono album, “A Rock Supreme”. Un set stringato per il musicista canadese e i suoi compagni, ma sufficiente per far immergere i presenti nel mood della serata, in cui c’è spazio per poco altro al di fuori di chitarre e di ampie dosi di sano rock ‘n’roll. Jones è un entertainer nato, uno di quegli artisti che conosce il palco come le sue tasche e sa bene cosa vuole il suo pubblico. Passando dalla arcinota “First Date” arrivando fino alle più recenti “My Little RNR” e “Burn In Hell”, il chitarrista dimostra ancora una volta la sua capacità di scaldare gli animi con la sua energia positiva.
Prima degli headliner, è il turno dei Baroness e della loro proposta intellettuale e iper perfezionista, forse leggermente fuori contesto in una serata in cui la protagonista principale è la spensieratezza rock, ma in ogni caso apprezzati da un’audience interessata e rispettosa. La formazione capitanata da John Baizley ha colto l’occasione per proporre qualche brano estratto dalla più recente fatica, “Gold & Grey”, come l’emozionante “Tourniquet”, e qualche incursione nel passato, lasciato alle coinvolgenti “If I Have to Wake Up (Would You Stop the Rain?)” e “Shock Me”.
Dopo il doveroso cambio di palco (e anche un discreto ricambio di pubblico nelle prime file) tocca ai “gentiluomini fuorilegge” prendere la scena e raccontare storie di gangster di altri tempi, amori pericolosi, donne fatali e ricordi malinconici, con tanto di gilet e coppola, ormai la divisa di ordinanza dei Volbeat. Puntualissimi sulla tabella di marcia, i Nostri attaccano con “The Everlasting”, una delle numerose presenze in scaletta dell’ultimo album dei danesi (“Rewind, Replay, Rebound”, pubblicato lo scorso agosto), a sottolineare quanto la band creda nelle potenzialità di questa recente creatura. In effetti, i nuovi brani live suonano ancor meglio che su disco, che siano power ballad come “When We Were Kids” o “Last Day Under the Sun”, o pezzi più energici come “Pelvis On Fire” o “Die To Live”.
La scelta dei brani proposti veleggia sulle acque sicure dell’equilibrio tra canzoni radio friendly e altre dal tiro più heavy, strizzando l’occhio sia all’ascoltatore occasionale, che a quello più attento ed esigente. Tra i momenti maggiormente apprezzati da entrambe le parti, non possiamo non citare “Sad Man’s Tongue” con quella “Ring of Fire” accennata alla chitarra acustica da Poulsen (in ottima condizione vocale), e il conseguente delirio di uno dei pezzi più fortunati della carriera dei Volbeat. A proposito di omaggi, anche gli Slayer, altri spiriti guida della band contrapposti ma paralleli a Johnny Cash, sono stati citati prima e durante la breve ma intensa “Slaytan” (contenuta in “Seal the Deal & Let’s Boogie” del 2016). Un altro episodio degno di nota è stato il duetto con Danko Jones durante “Black Rose”, uno di quei brani su cui è impossibile rimanere fermi. E ce ne sono stati parecchi. Stesso discorso vale per “For Evigt”, che nonostante la barriera linguistica del ritornello in danese, è stata una delle canzoni più cantate dal pubblico durante la serata, e per la doppietta finale “Pool of Booze, Booze, Booza” e “Still Counting”.
L’unica data italiana dei Volbeat ha confermato ancora una volta quanto i Nostri (grazie soprattutto all’ingresso in line up nel 2013 del chitarrista e deus ex machina Rob Caggiano) stiano vivendo una seconda giovinezza, e quanto sia possibile far convivere in un’unica incarnazione metal, country, punk e rockabilly, risultando credibili sia in una veste più radiofonica che heavy senza compromessi, soprattutto in sede live.
Scaletta concerto Volbeat
The Everlasting
Pelvis on Fire
Doc Holliday
Cloud 9
For Evigt
Lola Montez
Sad Man’s Tongue (Ring of Fire intro)
Black Rose (con Danko Jones)
When We Were Kids
Slaytan
Dead but Rising
Fallen
Die to Live
Seal the Deal
Last Day Under the Sun
Encore:
The Devil’s Bleeding Crown
Leviathan
Let It Burn
Pool of Booze, Booze, Booza
Still Counting
Foto a cura di Mairo Cinquetti