Hammerfall Infected: lo presenta Oscar Dronjak

Hammerfall Infected Intervista Dronjak

Abbiamo incontrato un raggiante Oscar Dronjak, chitarrista nonché membro fondatore degli Hammerfall, che ci ha spiegato perché il nuovo “Infected” è un disco così importante e speciale per la band.

A tuo avviso, quali credi siano le maggiori differenze fra “Infected” e il precedente “No Sacrifice, No Victory”?
Per spiegartelo potrei fare un parallelismo con i Judas Priest. Prendiamo come esempio due loro album, “Ram It Down” e “Painkiller”; vediamo che “Ram It Down” è un grande album, però “Painkiller” è un’altra cosa, perché si tratta del perfezionamento del predecessore. E così credo valga per i nostri ultimi due dischi; “No Sacrifice, No Victory” è un bel disco e tutti noi eravamo contenti quand’è uscito, ma “Infected” è il suo perfezionamento, e in questo senso gli è superiore. In breve, “No Sacrifice, No Victory” è il nostro “Ram It Down”, mentre “Infected” è il nostro “Painkiller”.
Nel complesso, credo sia il nostro lavoro più maturo. Probabilmente è un più grezzo e, in parte, più violento di alcuni nostri precedenti LP, ma questo perché per la prima volta siamo davvero riusciti a far trasparire nelle canzoni tutta l’energia e l’adrenalina che avevamo in studio; in passato ci avevamo sempre provato ma non eravamo mai riusciti a trasporle in questa misura, mancava sempre qualcosa. Quindi siamo davvero al settimo cielo per come è riuscito “Infected”.

In “Infected” però sono presenti anche episodi che si discostano piuttosto nettamente dal vostro tipico sound, penso per esempio al quasi hard rock di “Let’s Get It On”. Quindi avete anche tentato qualche ‘sperimentazione’; può essere quindi questo il disco in grado di gettare un ponte fra passato e futuro degli Hammerfall?
Beh, sicuramente si tratta di un cd molto vario. Non c’è un’unica prospettiva per guardarlo, i pezzi sono uno diverso dall’altro. Per il resto rappresenta semplicemente quello che gli Hammerfall sono nel 2011; è difficile dire come sarà il futuro e come si evolverà la nostra musica. È ovvio, quasi banale, dire che siamo cambiati. Io ora ho 39 anni, non ne ho più 25, e il tempo ti fa cambiare il tuo rapporto con il mondo, e tutto questo si ripercuote anche nella musica.

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Anche la copertina è diversa rispetto a quelle del passato. Non c’è più il cavaliere con il martello, in generale dal fantasy siete passati a uno stile più horror. Perché? E che cosa significa il titolo?
Sì, certo…anche questa è una differenza. “Infected” deriva da “Patient Zero”, l’apripista dell’album e la prima canzone che abbiamo scritto per esso. Il ‘paziente zero’ è un termine che abbiamo preso dai film di zombie, e si riferisce al primo uomo contagiato dal morbo che, a sua volta, ‘infetta’ tutti gli altri. Ecco il perché del titolo. Abbiamo pensato che quel brano fosse perfetto, nella musica, a descrivere il tema trattato, così abbiamo avuto l’idea di basarci su quello per tutto il resto, artwork del disco, copertina, etc. Ci è sembrato un buon modo per offrire qualcosa di diverso ai nostri fan. Come dicevo più sopra, col passare degli anni cambia il modo in cui si guardano le cose, e cambiano anche i temi che trattiamo nel nostro lavoro di musicisti.

Hai qualche canzone preferita, o le ritieni tutte importanti allo stesso modo?
Da un lato ti posso rispondere subito che credo siano tutte importanti. Soprattutto perché, provando a suonarle, ho notato che tutte mi danno molto piacere nel farlo. E ritengo che questo sia un indicatore di quanto siano riuscite bene. Tuttavia, se ne dovessi scegliere solo una, direi che “Redemption” è quella che mi ha soddisfatto di più: è molto varia, al suo interno racchiude diversi elementi e, soprattutto, riesce a mediare fra due diversi volti del metal, quello più aggressivo e quello più melodico. E poi contiene un mio assolo di chitarra che penso sia venuto proprio bene (ride, ndr.).


Outune – Hammerfall’s Oscar Dronjak Promo for 2011 new album

Perché avete scelto come nuovo produttore James Michael?
Principalmente perché volevamo cambiare dopo tanti anni, perché non volevamo rischiare di diventare troppo scontati, perché non avevamo intenzione che subentrasse la routine, perché volevamo espandere i nostri orizzonti. Sai, con Charlie Bauerfeind abbiamo lavorato per otto anni e quattro dischi; siamo sempre stati soddisfatti di lui, non abbiamo certo cambiato perché abbiamo avuto dei problemi con Charlie. Semplicemente era ora di cambiare e di provare qualcosa di nuovo.
È stato Joacim (Cans, il loro cantante, ndr.) a voler lavorare con lui, io non conoscevo ancora James. Siamo soddisfattissimi di questa scelta, ci ha dato i suoni giusti per “Infected”, è un grande professionista. Però devo precisare che in realtà il disco è stato frutto di una coproduzione fra noi e lui, perché prima che lui ci facesse le parti vocali, quelle di tastiera e il mix finale, noi avevamo già registrato le parti di basso, batteria e chitarra nel nostro studio in Svezia.

Per te, qual è stato il momento migliore nella storia degli Hammerfall?
Vorrei rispondere che il momento migliore deve ancora arrivare…ma, tutto considerato, penso che sia rappresentato proprio da questo album. Ha donato nuova vita alla band e soprattutto a noi, come artisti e come uomini. È stata un’iniezione di adrenalina.

Com’è cambiata la scena metal dai tempi della vostra fondazione?
Oh, è cambiata in moto incredibile! Quando ho fondato la band nei primi anni Novanta l’heavy metal era guardato male. A quei tempi dominava il grunge, e in genere chi suonava metal era schernito. Noi però abbiamo deciso di farlo, perché amiamo questa musica; e l’abbiamo fatto prendendo tutto il ‘concept’ che ruota attorno a questo genere. Volevamo far conoscere questa musica ai ragazzi di allora, fargli aprire gli occhi. È stata certo anche una reazione al grunge. Ai tempi, poi, non esisteva un mercato per il metal melodico, quello che suonavamo noi. Siamo stati noi a crearlo, ovviamente insieme a molte altre band che come noi hanno contribuito a diffonderlo; penso che abbiamo svolto un buon lavoro. Chi dice che oggi suonare heavy metal sia difficile non ha idea di come fosse veramente duro farlo quasi vent’anni fa.

In questi anni però è cambiato anche il modo di consumare musica. Cosa ne pensi di internet e di tutto il discorso che gli ruota attorno?
Ne penso ogni bene possibile. È fuori discussione che internet sia una cosa negativa per la musica, non è affatto vero. Certo le discografiche continuano a condannare il download illegale, ma ormai credo che questo sia diminuito. C’è iTunes, per esempio, che si sta espandendo, io stesso compro dischi in formato digitale da questa fonte. Ormai molti hanno capito che, se vogliono che i loro artisti preferiti possano continuare a far dischi, devono pagare la musica che questi scrivono. E comunque comprare album in download da internet è spesso conveniente. Credo poi che per chi come noi fa metal ci siano ancora più vantaggi, perché in genere i fan del metal, se scaricano qualcosa che a piace loro, poi comprano anche il disco originale. Anch’io facevo lo stesso da ragazzino; ovviamente non c’era il web e non si scaricava niente, ma se mi copiavano un disco che mi piaceva davvero allora andavo subito a prenderlo in negozio originale. Quindi ho un parere altamente positivo delle nuove tecnologie.

Stefano Masnaghetti

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