Gods Of Metal Day II – Parco Nord, Bologna 28 giugno 2008

Carcass e Slayer hanno letteralmente spazzato via tutti quanti in questo secondo giorno di festival. Due perfomance molto attese che non hanno deluso e, anzi, hanno stupito. I primi sono andati oltre ogni più rosea previsione, facendo credere che suonassero insieme da anni in realtà, i secondi hanno sparato un pezzo via l’altro regalando alla folla (azzardiamo sulle 15.000 unità) un Tom Araya in forma vocale superba come non si ascoltava da anni.

Tremendamente toccante il momento in cui Jeff Walker ha chiamato sul palco lo sfortunato ex-drummer dei Carcass, Ken Owen, ridotto male dai postumi di un’emorragia cerebrale del 1999 che lo ridusse in coma per quasi un anno, che ha salutato la folla anche con termini in italiano. Grande ovazione da parte di molti convenuti, a eccezione di troppi culi pesanti confinati sulle colline beati nella loro ignoranza e felici della propria condizione. A parte questo, più di mezzo “Heartwork” e rimandi agli storici “Necroticism…” e “Symphonies Of Sickness” per una setlist senza cedimenti che ha sicuramente avuto il proprio apice sugli episodi più noti come “Buried Dreams”, “No Love Lost” e, appunto, “Heartwork”.
Gli Slayer dal canto loro dovevano buttare sullo stage tutto ciò che anni d’esperienza ha insegnato loro. Era difficile spezzare tutto suonando dopo un ottimo concerto come quello dei Carcass. E invece King, Hanneman e Lombardo sono stati trascinati da un Tom in stato di grazia. Buon equilibrio tra roba nuova e grandi classici, ripescaggio degno di menzione della giornata “Ghost Of War”. Unica nota stonata un pubblico non proprio partecipe e disposto a caricare la band se non sul finale. A buona scusante, una giornata ricca di gruppi di spessore e una caldazza inumana che non ha avuto cali nonostante l’acquazzone della notte tra venerdì e sabato.

Andando indietro elogiamo certamente le prestazioni on-stage di Between The Buried And Me (consigliamo a chi non l’avesse ancora fatto l’ascolto dell’ottimo “Colors” del 2007) e dei Dillinger Escape Plan, che dal vivo non deludono chi non sta particolarmente apprezzando le ultime uscite discografiche. Buono il ritorno degli At The Gates, che nonostante volumi bassissimi riescono a riversare su Bologna le note di un certo swedish death che li rese celebri nei primi nineties. Anche i Testament hanno risposto presenti alla chiamata odierna, apertura devastante con “Over The Wall” e “Into The Pit” e giri alti anche nei minuti successivi. Troppo alti, tanto che il grande capo Chuck Billy accusa il caldo e resta molto sulle sue fino alla conclusiva “Disciples Of The Watch”. Invasato Riccardo Fogli Skolnick e preciso come sempre Paul Bostaph. I Meshuggah invece hanno sicuramente impressionato per la loro nota ed elevatissima capacità tecnico-esecutiva, ma hanno lasciato perplessi (e sbadiglianti) una buona parte di astanti che hanno trovato troppo ostica la proposta dei validi svedesi. Le complicate partiture e un’attitudine non certo ‘user friendly’ non hanno aiutato, la relativamente corta e immediata “Future Breed Machine” (posta in chiusura di set) ha dimostrato che con una setlist meno cervellotica si sarebbero potute coinvolgere più teste. In ogni modo nessuno discute la loro abilità, magari ci si poteva adattare un minimo al contesto in cui ci si esibiva.

Del resto abbiamo già parlato, resta comunque da sottolineare come Carcass e Slayer abbiamo proprio fatto il vuoto alle loro spalle, anche nei confronti di chi è stato più che degno di solcare il palco del Gods Of Metal 2008. Domani toccherà tra gli altri ai Judas Priest (speriamo non piova…), agli Iced Earth con Matthew Barlow, ancora a due leggende death come Obituary e Morbid Angel, al virtuoso Malmsteen e agli attesi Enslaved.

Slayer setlist (show length 1h 30m): Disciple, Cult, Chemical Warfare, Ghost Of War, War Ensemble, Jihad, Die By The Sword, Spirit In Black, Eyes Of The Insane, Supremist, Payback, Dead Skin Mask, Hell Awaits, Postmortem, Captor Of Sin, South Of Heaven, Raining Blood, Mandatory Suicide, Angel Of Death.

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