Due mostri sacri dell’indie rock anni 90 si ritrovano nello stesso luogo: davanti e dietro il banco del mixer. Stephen Malkmus da una parte e Beck dall’altra. Malkmus da una decade porta avanti la sua carriera solista. Non certo costellata di centri, come invece ci si aspettava dopo la diaspora di una delle band fondamentali di sempre, i Pavement.
Ma nel nuovo disco forse una parte fondamentale è proprio nella scelta di Mr. Hansen in veste di producer, che inietta nelle quattordici tracce molto del suo modo di fare pop, che poi va a sovrapporsi con il piglio più sghembo e appassionato di Malkmus. Quanto meno il lavoro dell’uno, con l’aiuto dell’altro, garantisce qualche punticino in più nel risultato finale di diverse canzoni.
L’ex Pavement ha quarantacinque anni, e nei suoi testi si guarda in giro e intorno. Beh, non aspettatevi qualche cambio di rotta nella sua idea musicale. Siamo sempre di fronte a un pop sbilenco, che si alterna con il folk-country, le ballate agrodolci, i passaggi più abrasivi o scanzonati. Tutto l’approccio pavementiano che conosciamo a memoria e tutto l’universo malkmusiano, si riversano paro paro nell’album. E c’è ancora uno strascico di “Brighten the Corner”. Questo è Malkmus, e sempre sarà. In questi dieci anni proprio tutti si sono chiesti perchè invece non proseguire la storia dei Pavement.
Luca Freddi