Say You Will – Welkome To Heartbreak (ft. Kid Cudi) – Heartless – Amazing (ft. Young Jeezy) – Love Lockdown – Paranoid (ft. Mr.Hudson) – RoboCop – Street Lights – Bad News – See You In My Nightmares (ft. Lil Wayne) – Coldest Winter – Pinocchio Story (Freestyle Live from Singapore)
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Ora agli americani piace avere in cima alle classifiche una star che si dimostri, più che un semplice performer, un artista-produttore-uomo d’affari a 360°. Dello stile lanciato da Jay-Z, l’ultimo erede è il ‘simpaticissimo’ Kanye West. Pur non avendo le capacità di produzione di un Timbaland e il carisma di un Justin Timberlake, l’artista di colore scala costantemente le classifiche da qualche anno. Sarà nella sua immagine pulita e fighetta e il suo costante discostarsi dal binomio hip hop/vita da strada il segreto del suo successo?
Comunque, a solo un anno dal precedente Graduation, Kanye esce con un disco davvero diverso. Il nuovo 808s & Heartbreak è un album ‘terapeutico’, per dimenticare l’anno terribile di Kanye in cui ha perso la madre, ha terminato il suo fidanzamento e si è trovato solo e a disagio nel suo nuovo status di superstar…Heartbreak nel titolo è abbastanza esplicativo. 808 invece si riferisce invece al modello di drum machine della Roland con cui è stato composto il disco: West utilizza come al solito strutture semplici e sound minimale (voce, melodia di tastiere, beat), anche se questa volta le melodie vanno spesso per il sinfonico e i beat si discostano dal classico hip hop, favorendo un suono più caldo e a volte quasi tribale.
Ma la vera sorpresa è un disco hip hop…senza praticamente cantato hip hop. Le linee vocali di West sono più vicine al pop tradizionale e, vero punto di discordia, sono tutte completamente trattate con Auto Tune. Normalmente un software utilizzato per correggere e rendere intonata la traccia vocale, se viene utilizzato in maniera ‘creativa’ porta ad una voce robotica che si adatta innaturalmente alle note della melodia. Per rendere l’idea, tra i più grandi successi che abusarono di questa tecnica ci sono ‘I’m Blue’ degli Eiffel65 e ‘Do You Believe In Love’ di Cher.
Per quello che il disco si prefigge di fare, funziona. E’ cupo e amaro senza cadere nel melenso o nello struggente, e i pezzi hanno una buona crescita, raggiungendo il punto più ‘easy’ e commerciale a metà con ‘Love Lockdown’ e ‘Paranoid’ (che, in versione remix con Rihanna -basta pietà lei è ovunque-, dovrebbe essere il prossimo singolo). Però il lavoro è molto uniforme e ripetitivo: trasformare un paio di tracce in brevi intermezzi avrebbe aiutato. E l’auto tune è stato davvero troppo abusato, oltre ogni limite di sopportazione. L’album quindi trasmette a dovere il messaggio ma ha dei limiti e un potenziale non sfruttato a dovere. Se si è nel mood di solitudine e disillusione può diventare un capolavoro, altrimenti semplicemente noia.
Marco Brambilla