Part of me – Time – Sweet Revenge – Get Up – Ground Zero – Never Far Away – Take Me Alive – Long Gone – Scream – Enemy – Other Side of Town – Climbing Up the Walls – Watch Out – Wto Drink Minimum (hidden track)
http://www.chriscornell.com/
http://www.interscope.com/
C’era una volta il migliore cantante rock degli anni ’90.
Un giorno non troppo lontano, quando il suo regno vacillava ormai sotto i colpi della mezza età, venne un gigante cattivo coi vestiti larghi e lo rapì. Il gigante dal nome singhiozzante si chiamava Hip Hop/Pop e coi suoi ritmi ossessivi e trascinanti privò gli amanti del rock del loro re del canto, conducendolo (senza troppa fatica ahimè) nel regno di Pumba e Timòn, pardòn, di Timbaland (con questi nomi ridicoli si fa sempre confusione, ndr). Tutti i sudditi dei suoi regni, di Soundgarden e di Audioslave si radunarono per piangere la sua scomparsa e molti lo piangono tuttora.
Ascoltando l’intro di “Part of Me”, singolo e opener del nuovo disco di Cornell, intitolato “Scream”, la sensazione è quella di stare nel medioevo, salvo passare subito dopo ad un intro auto celebrativo ed auto introduttivo, il classico “say-my-name”, con richiami orientali. Se non fosse che il disco è originale penserei di avere scaricato un fake! Ed il dramma è che la sensazione diventa speranza con il procedere delle canzoni. Da “Enemy” a “Ground Zero” a “Time”…si spera sempre che si tratti di un errore!
Il dilemma ora è se crocifiggere without mercy o essere clementi con quello che considero il migliore cantante degli ultimi venti anni, una voce che mi ha fatto letteralmente impazzire, che ho amato da Superunknown fino a quel “Audioslave” che dal 2002 ad oggi urlo in macchina sgolandomi senza la minima pietà per le mie corde vocali basso baritonali. Che fare?!
Come tutti gli amanti traditi però la rabbia prevale e allora è davvero il caso di dire che “Scream” di Chris “Machecxxxostaifacendo?!” Cornell è, per dirla à la Fantozzi, una cagata pazzesca.
Per quanto riguarda il disco…solo buone melodie (ma va?!), arrangiamenti confusi, tra chitarre synth che fanno la felicità di Pro Tools e dei suoi plug-in, batteria campionata da una entry level elettronica under 5 anni e, tanto tanto vocoder e phaser, su una voce che è tanto divina quanto unica e speciale quando è naturale.
Esistono generi musicali, gusti, persone aperte mentalmente e persone che sanno cosa vogliono e cercano in uno solo dei mille angoli della sconfinata creatività musicale. Io sono un buon onnivoro e credo che tutto meriti rispetto, meno le forzature. Questa è semplicemente una forzatura con grimaldello e la cosa più triste è vedere un re dalla voce al vetriolo, che, in caduta libera, paga una valanga di soldi ad un produttore che non merita neanche l’elemosina, i cui dischi suonano TUTTI UGUALI, da Timberlake, ai The Fray, a Madonna, fino appunto a questo povero Chris, cugino sfigato non del singer di Soundgarden ed Audioslave, ma addirittura cugino sfigatissimo di quello che due anni fa ha pubblicato il pessimo “Carry On”.
Continuare a cadere o rialzarsi e riprendersi lo scettro? Solo perché sei tu, la possibilità ti va concessa Chris. Anche perché parliamoci chiaro, Justin Cornell o Chris Timberlake che tu sia, non hai 25 anni come l’ex N-Sync (molto bravo nel suo mestiere e in questo genere tra l’altro), bensì 45. Ti sei visto i ’70, gli ’80 e hai dominato i ’90 e parte del nuovo millennio.
Vedi tu cosa fare Mr. Cornell. Noi, in attesa che tu rinsavisca in un giorno di euphoria morning, restiamo qui sbalorditi ed attoniti…like a stone.
Riccardo Canato
Cosa succede quando il cantante più bello del grunge incontra il produttore più gettonato del pop? Disastro, isteria collettiva, sdegno globale e tante, tantissime discussioni su internet.
Con una carriera stellare alle spalle, sia come frontman di Soundgarden e Audioslave che da solista, a quaranta e passa anni Chris Cornell pubblica quello che sarà di sicuro il disco più chiacchierato dell’anno. Un cambio di rotta inaspettato, architettato assieme al produttore più cool di sempre: quel Timbaland che ha fatto la fortuna di Nelly Furtado, Justin Timberlake e molti altri. Smontare il disco solo per il video dove Chris spara le pose in mezzo ai ballerini sarebbe troppo facile; limitarsi ad un processo alle intenzioni sarebbe pure comodo ma in fondo irrispettoso verso qualsiasi artista. Let the music do the talking.
Primi pensieri sparsi: ‘ohmadonna’, ‘ma che è?’, ‘argh’, ‘mh, però…’. Sulla carta l’idea dell’album è coraggiosa e interessante: un sound pop molto ballabile, con una produzione mostruosa, spinta dalle ben note percussioni etno-retro-futuristiche di Timbaland, con melodie scandite da sintetizzatori e orchestrazioni, e su tutto la voce di Chris Cornell, uno dei cantanti più dotati del mondo. Ah, e sì, dimenticatevi le chitarre: lo strumento appare in maniera solo marginale e si amalgama nel beat generale, senza avere mai un ruolo rilevante (d’altra parte in copertina Chris ne spacca una). Basterebbero queste premesse per far scappare qualsiasi amante del rock, e in effetti se siete stati fan di Cornell vi ci vorrà un’apertura mentale molto, mooolto ampia (del tipo: pace spirituale e contatto quotidiano con Buddha) anche solo per dare un ascolto a tutto l’album. Cornell però ci crede, tanto da mixare il disco senza pause tra i brani, per cercare un effetto molto sofisticato da rock opera…e la cosa funziona, dato che il flusso continuo permette di immergersi appieno nell’atmosfera creata dai vari ‘movimenti’.
Sarebbe tutto bello se le canzoni fossero pure belle…ma non è così, non sempre. Certe volte il songwriting è più ispirato, e ci sono dei pezzi che fanno pensare ad un esperimento riuscito, come l’accoppiata tra l’opener e ‘Time’, ‘Never Far Away’, la title-track e ‘Enemy’. Va male quando Timbaland prende troppo il timone: quando il sound si fa troppo R&B e Hip Hop moderno i pezzi non reggono, e le soluzioni del produttore suonano come puro riciclo. I suoi versi come ‘friki-friki’ o ‘eh-oh’, l’uso del vocoder (‘Sweet Revenge’), le parti più parlate…si cade presto nella noia. Quindi, in maniera del tutto prevedibile, arriva proprio lui, Justin Timberlake, a produrre il pezzo melodico con atmosfere arabeggianti (‘Take Me Alive’) che ci sta anche bene ma in fondo è roba che ha già fatto molto meglio per i fatti suoi. Poche altre soprese, come ‘Climbing Up The Walls’, pezzo quasi rock, e la traccia nascosta ‘Two Drinks Minimum’ scritta con John Mayer.
In definitiva cosa rimane? Un Titanic, molto probabilmente. Un bel caso di mega-produzione holliwoodiana da flop, piena di effetti speciali ma dove è la storia in sé ad essere lacunosa. Qualche sprazzo molto interessante, ma il tutto affonda in maniera piuttosto imbarazzante, visto anche il nutrito pool di cervelli che ha lavorato su ogni canzone. I critici lo stanno spezzando in due e tra poco arriverà il responso commerciale di Billboard: sarà interessante vedere che frutti raccoglierà Cornell. Già si dice che i nuovi pezzi dal vivo vengano suonati con arrangiamento rock…quindi che ti gira in testa, Chris? Crisi di mezza età? Voglia di conquistare le ragazzine e i nuovi yuppies? A noi, per adesso, rimane tanto materiale su cui sparlare.
Marco Brambilla