The Song Of Axieros – The Nine Rituals – Kremasta Nera – Ochram – Therma – Efestia – Ebur – Kaviria – Fengari – Klethra – Gria Vathra – Migratio Animae – Wings (I Had Once) – La Fame E La Danza
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A pochi mesi dall'uscita di "Paris Spleen", interessante parentesi di cabaret macabro e decadente, ma sostanzialmente estranea al loro percorso artistico, gli Ataraxia con "Kremasta Nera" ritornano nell'alveo di quel suono unico e inimitabile che in più di quindici anni di carriera hanno saputo plasmare con estremo rigore e lucidità.
Usando come base di partenza un concept legato all'antica religione proto olimpica praticata nell'isola di Samotracia, Francesca Nicoli e compagni s'addentrano in un percorso lirico – musicale densissimo di rimandi esotico – esoterici, affrontato con il consueto rigore filologico e la consueta bravura nel suscitare emozioni profonde nell'ascoltatore. Se c'è una cosa che distingue ed eleva gli Ataraxia al di sopra di parecchi altri gruppi a loro simili si tratta proprio dell'immensa conoscenza del patrimonio musicale che utilizzano: il loro folk "medievale", e in generale tutte le loro influenze, provengono da uno studio serio e attento delle fonti originali, delle canzoni e delle opere che realmente si cantavano e si scrivevano parecchi secoli fa. In "Kremasta Nera", poi, i Nostri si spingono ancora più indietro, andando a ripescare riti e vibrazioni perse nei millenni: l'iniziale "The Song Of Axieros", il brano migliore del disco, rappresenta proprio questo; uno sprofondare negli abissi del tempo, ipnotico e scandito dal nudo suono di cimbali e darbuka. Il resto si sviluppa di conseguenza: "The Nine Rituals" è affidata alle percussioni e a melodie orientali, mentre ancora più eteree e ondeggianti, giocate sulla voce di Francesca e sulla chitarra acustica di Vittorio Vandelli, sono "Efestia", "Therma" e la title track, altri punti di forza dell'album; "Ochram" pare quasi un omaggio ad uno dei loro maggiori numi tutelari, i Dead Can Dance del capolavoro "Aion", e "Gria Vathra" si spinge ancora più in là, fino ad incorporare suggestioni indiane.
Per chi segue già da tempo gli Ataraxia, e ne apprezza soprattutto la prima produzione (alla quale "Kremasta Nera" è maggiormente ispirato), questa ennesima loro emissione sarà sicuramente gradita e prontamente assimilata. Per chi non li conoscesse ancora, qualsiasi disco è valido per accostarcisi, compreso il qui presente.
S.M.