[Southern Rock] The Black Crowes – Warpaint (2008)

Goodbye Daughters Of The Revolution – Walk Believer Walk – Oh Josephine – Evergreen – Wee Who See The Deep – Locust Street – Movin’ On Down The Line – Wounded Bird – God’s Got it – There’s Gold In Them Hills – Whoa Mule

www.blackcrowes.com

All’inizio degli anni Novanta i Black Crowes furono i principali artefici della rinascita del vecchio rock di matrice British blues (Rolling Stones, Led Zeppelin) e southern (Lynyrd Skynyrd, The Allman Brothers Band), un gruppo – evento proveniente da quel di Atlanta capace di vendere milioni di album e di far incetta di dischi di platino. Precisiamo: il tutto più che meritatamente.
Oggi i tempi d’oro sono lontani, la band ha dovuto affrontare parecchie turbolenze al suo interno, oltre ad aver pubblicato un paio di dischi sottotono. Non è più sotto l’ala protettrice di una major, bensì ha deciso di fondare una piccola etichetta privata, la Silver Arrow, per dare alle stampe “Warpaint”, primo album in studio dopo sette anni di silenzio. Forse l’attesa è stata eccessivamente lunga, ma va riconosciuto che questa nuova emissione discografica dei Nostri è la loro migliore da molto tempo a questa parte.

I fratelli Robinson hanno deciso di lasciarsi alle spalle il maldestro tentativo, operato in “By Your Side”, di riproporre il loro suono degli esordi, e con “Warpaint” si sono tuffati a capofitto nelle radici della “american music” più pura ed incontaminata: certo, l’ombra dei Rolling Stones aleggia per tutto il disco, specie nei momenti più classicamente rock – blues (cfr. “Evergreen” e, soprattutto, “Wee Who See The Deep”), ma i riferimenti al gospel, al country e al blues più tradizionale e “nero” (cfr. la cover del preachin’ – blues del reverendo Charlie Jackson “God’s Got It”) sono in grado di far risaltare la loro incredibile bravura nel saper rileggere e render accattivante ancora oggi un patrimonio musicale vecchio di almeno un secolo. Questo si percepisce in particolare in splendide ballad quali “Oh Josephine” e “Locust Street”, che rappresentano il vero cuore dell’opera e che riescono nell’impresa di non sfigurare di fronte ai loro classici.

“Warpaint” abdica quasi del tutto alle atmosfere bollenti e al rock sguaiato di “Shake Your Money Maker”, come pure mette da parte le digressioni psichedeliche contenute in “Amorica”: è il loro disco più rilassato e rurale, ideale per una sonnolenta giornata estiva inondata di sole; è tradizionalista fino all’osso. Ma, rispetto allo scialbo “Lions”, suo predecessore, il songwriting è tornato ad essere ispirato e convincente, tanto da far sperare in una carriera ancora lunga e ricca di riconoscimenti per i Corvi della Georgia.

S.M.

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