[Hard Rock] Eden’s Curse – The Second Coming

Reign Of Terror (Intro) – Masquerade Ball – Angels & Demons – Just Like Judas – Sail On – Lost In Wonderland – West Wind Blows – Signs Of Your Life – Man Against The World – Raven’s Revenge – Lost Soul – Games People Play – Ride The Storm

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Etichetta Discografica

Molti di voi non conoscono la band dell’americano Michael Eden e dello scozzese Paul Logue, due amici d’infanzia ricongiuntisi diversi anni dopo essersi persi di vista e che, oggi, hanno per le mani uno di quei “gingilli” che se sfruttati a dovere possono permetterti di fare il grande salto, in tutti i sensi. Gli Eden’s Curse sono un gruppo hard rock, per il sottoscritto il gruppo hard rock duemilasette, e The Second Coming succede (forse troppo in fretta) a quel meraviglioso esordio di cui tanto si è parlato tra gli addetti al settore, un disco passionale, figlio del provvidenziale re-incontro dei due artisti e della loro innata attrazione per la musica.

AFM Records ci ha visto lungo, dapprima mettendoli sotto contratto, poi presentandoli worldwide fornendo alla stampa la versione integrale del debutto, ora ci invia a tempo record il suo successore, pieno zeppo di lunghissimi voice over che a malapena ci consentono di tracciare un profilo adeguato di The Second Coming, album che ad ogni modo non riesce ad eguagliare qualitativamente il fortunato predecessore.
Fedelissimi degli anni ottanta, gli Eden’s Curse chiamano di nuovo a rapporto il bassista/produttore dei Pink Cream 69, Dennis Ward (Krokus, Silent Force, Debauchery, Angra), e si avvalgono della voce dei TNT, Tony Harnell, per le backing vocals. L’ex Rainbow Doogie White e Carsten Schulz degli Evidence One si occuperanno dei cori ma la sorpresa è Pamela Moore, voce femminile del brano Sister Mary di “Operation: Mindcrime” dei Queensryche e qui alle prese con uno dei pezzi migliori: Angels & Demons.

Chi impressiona negli Eden’s Curse è certamente Thorsten Koehne, uno dei migliori chitarristi elettrici che mi sia mai capitato di ascoltare; non a caso tutti i brani del disco si basano sulle ritmiche intagliate dallo stesso Koehne e da almeno due assoli, puntualmente coperti dal voiceover di cui vi parlavo poc’anzi. L’accentuata sensibilità al ritornello facile (Masquerade Ball e Just Like Judas su tutte) fa il paio con una produzione che non mi ha convinto pienamente, troppo incentrata sulla potenza e sulla pulizia di un suono che non è più quello sporco e tagliente dell’esordio. Resta inteso che stiamo parlando di professionisti veri, pertanto non sarà difficile innamorarsi di una proposta che raramente, negli ultimi anni, ha valorizzato così tanto un genere sì anziano ma ancora in grado di regalare forti emozioni. Attenzione a non accelerare i tempi però, ora li attendiamo on-stage per la prova del nove.

Gaetano Loffredo

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